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title: "Manfredo Tafuri, Avstromarksizem in mesto: 'Das rote Wien'"
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<!-- # 1. Le premesse ideologiche -->
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<!-- Al disinteresse che la storiografia dell'urbanistica moderna ha
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tradizionalmente riservato all'episodio storicamente eccezionale della
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gestione socialdemocratica di Vienna, fra il 1920 e il 1933, si va
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sostituendo da qualche tempo un rinnovato filone di studi, tesi a
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rivalutare il valore specifico di quell'esperienza[^1].
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[^1]: Nei manuali di Storia dell'architettura moderna di Hitchcock, Zevi
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e Benevolo (prime edizioni) l'Operazione urbanistica del Comune di
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Vienna viene praticamente ignorata, non rientrando nello schema
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ideologico dei loro autori. Un accenno ad essa è nel volume di P.
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Lavedan, *Histoire de l'Urbanisme*, Paris 1952, vol. III, p. 369 ss.
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Come è noto, Edoardo Persico aveva legato la resistenza operaia al
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nazismo, opposta nel Karl-Marx-Hof, alle origini "liberatorie"
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dell'architettura moderna, alimentando una equivoca lettura
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"antifascista" del complesso viennese. Cfr. E. Persico, *Profezia
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dell'architettura*, conferenza, Torino, 21 gennaio 1935, pubblicata
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più volte, ora in *Scritti d'architettura 1927--35*, Firenze,
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Vallecchi, 1968, pp. 117--125 (vedi in particolare la nota 13 di
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Giulia Veronesi).
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Per trovare una lettura documentata della politica urbanistica
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socialdemocratica a Vienna, è necessario rivolgersi a un'opera di
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storia politica come quella di Charles A. Gulick, *Österreich von
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Habsburg zu Hitler*, 5 voll., Wien 1948, trad. inglese: *Austria
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from Hausburg to Hitler*, Berkeley-Los Angeles, University of
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California Press, 1948 (2 volumi), in particolare alle pp. 407--504,
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opera cui ci riferiremo spesso, per i molti dati documentari ivi
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raccolti. Il nuovo interesse per l'esperimento socialista viennese è
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testimoniato da una serie di articoli e saggi pubblicati nell'ultimo
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decennio, fra i quali ricordiamo: Jörg Mauthe, *Der phantastische
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Gemeindebau. Polemische Bemerkungen zu einem Wiener Architektur -
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Kapitel*, in "Alte und moderne Kunst" 44, 1961, pp. 17--20; Helfried
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Koyré, *Die Entwicklung des Wiener sozialen Wohnungsbaues in den
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Jahren 1918--1938*, in "Der Aufbau" 9, 1964; Carlo Aymonino, *Gli
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alloggi della Municipalità di Vienna, 1922--1932*, Bari 1965
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(ripubblicato con poche varianti nell'introduzione al volume
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*L'abitazione razionale. Atti dei Congressi CIAM 1929--1930*,
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Padova, Marsilio, 1971, pp. 13--34); Anton Seda, *Ursachen und
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Entwicklung des kommunalen sozialen Wohnungsbaues*, in "Der Aufbau"
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1--2, 1965, pp. 34--40; H. Bobek e E. Lichtenberger, *Wien. Bauliche
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Gestalt und Entwicklung seit der Mitte des 19. Jahrhunderts*,
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Graz-Köln 1966, fondamentale analisi della geografia urbana
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viennese, di cui si veda in particolare il capitolo sullo "Sviluppo
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dell'architettura nel periodo fra le due guerre". È inoltre
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attualmente in elaborazione un volume sull'argomento da parte del
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prof. Kunze di Vienna. -->
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<!-- Non è certo casuale che tali recenti "riscoperte" dell'operazione
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austromarxista nell'ambito della "rote Wien" tendano quasi sempre a
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ignorare l'unitarietà degli obbiettivi politici, economici, urbanistici
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e ideologici di quella operazione stessa, presentandola di volta in
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volta come soluzione politica di transizione o come struttura di
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intervento atipica nell'ambito della gestione socialista delle città
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mitteleuropee fra le due guerre. (Non senza, ovviamente, punte polemiche
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tese a ricercare in essa possibili modelli "attuali" di intervento). -->
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<!-- Nel presente saggio non ci sarà sufficiente individuare le ragioni
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di tale recupero tardivo della mitologia della "Vienna rossa",
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alimentata a lungo dalla stampa di partito e da alcuni settori della
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cultura radicale europea[^2]. La ricostruzione storica di tale
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esperimento di gestione socialista della città non può infatti non fare
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i conti da un lato con la particolare ideologia che contraddistingue la
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tradizione austromarxista, dall'altro lato con i fenomeni economici
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complessivi di cui la "soluzione viennese del problema degli alloggi" è
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fattore determinante. Le realizzazioni edilizie del Comune di Vienna,
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rese leggendarie dalla resistenza operaia contro le camicie brune
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hitleriane in esse svoltasi, risultano del resto incomprensibili se si
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prescinde della tradizione *etica* dell'austromarxismo e dalla sua
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politica economica.
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[^2]: Cfr. Robert Danneberg, *Das neue Wien*, Wien 1930 (trad. inglese
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*The New Vienna*, London 1931), Jérôme e Jean Tharaud, *Vienne la
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Rouge*, Paris 1934; E. Persico, op. cit.; Hans Riemer, *Abunm von
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Roten Wien*, Wien, Julius Deutsch und Co. Verlag, 1947. Quest'ultimo
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volume, peraltro utile come raccolta documentaria, costituisce uno
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dei più mitici bilanci della gestione socialista di Vienna, redatto
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palesemente nella prospettiva di un rilancio politico del partito.
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"Vienna -- scrive il Riemer (op. cit., p. III) -- la prima delle
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grandi città dominate dalla classe operaia, fu anche la prima ad
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avere l'occasione di dimostrare che anche i lavoratori possono
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amministrare una grande comunità e con quali principi essi lo fanno.
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Vienna socialista ha spezzato radicalmente i metodi tradizionali di
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amministrazione comunale; l'apparato di potere fu riformato a fondo
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e fu data mano libera all'iniziativa dei funzionari, mentre imprese
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municipali e officine furono riorganizzate fissando per i loro
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prodotti il sano principio del prezzo di costo". Tale mitologia, che
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giunge fino a dichiarare che nella "Vienna rossa" è stato creato
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"ein neuer Baustil" adatto alla classe operaia, non ha ancora
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cessato di far sentire le sue influenze. Cfr. l'articolo, certo
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superato dai suoi autori, di Claudio Greppi e Antonio Pedrolli,
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*Produzione e programmazione territoriale*, in "Quaderni Rossi" 3,
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1963, pp. 94--101 (pp. 100--101 in particolare), e Massimo Scolari,
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*Hannes Meyer e la Scuola di Architettura*, in "Controspazio" 4--5,
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1970 (in particolare a p. 89). -->
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<!-- È ben noto infatti come esista una relativa coincidenza fra le
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teorie di Bernstein e Kautsky, e quelle dell'austromarxismo in genere, a
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proposito del dibattito nei confronti del neokantismo e del
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neopositivismo tedesco. -->
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<!-- È Bernstein a considerare i rapporti di produzione come una forza
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naturale economica (*oekonomische Naturkraft*) riconducendoli quindi nel
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grande alveo della Necessità sovrastorica[^3]. Kautsky, di rimando,
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sembra riprendere la distinzione fra *giudizi di fatto e giudizi di
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valore*: la scienza, identificata con il "socialismo scientifico", non è
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altro che "lo studio delle leggi che governano l'evoluzione
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dell'organismo sociale"[^4], e come tale dovrà prescindere il più
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possibile dall'ideologia.
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[^3]: Cfr. Bernstein, *Die Voraussetzungen des Sozialismus und die
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Aufgaben der Sozialdemokratie*, Stuttgart, Dietz, 1889, trad. it.,
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Bari, Laterza, 1968.
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[^4]: K. Kautsky, *Ethik und materialistische Geschichtsauffassung*,
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Stuttgart 1906, p. 141. -->
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<!-- Nè lontano da tali posizioni è Hilferding, che osserva, nella
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prefazione al suo *Capitale finanziario*, che è "concezione errata,
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anche se diffusa *intra ed extra muros*, identificare senz'altro
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marxismo e socialismo (...). Considerato logicamente (...) il marxismo è
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solo una teoria delle leggi del divenire della società"[^5].
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"Riconoscere la validità del marxismo -- egli continua[^6] -- non
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significa in alcun modo formulare valutazioni, né tanto meno significa
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additare una linea di condotta pratica. Poichè una cosa è riconoscere
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una necessità, altra cosa è porsi al servizio di quella necessità".
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[^5]: R. Hilferding, *Das Finanzkapital*, Wien 1910, trad. it., Milano
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1961, pp. 5--6.
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[^6]: Ibidem. -->
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<!-- La vera "miseria" della *Bernstein Debatte* e del marxismo della
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Seconda Internazionale non è tanto nel "divorzio tra scienza e
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rivoluzione", come vorrebbe Colletti[^7], quanto nel l'incapacità a
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leggere le trasformazioni reali del capitalismo moderno alla luce di un
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marxismo "non teologico".
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[^7]: "Il divorzio fra scienza e rivoluzione, -- scrive Colletti -- tra
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conoscenza e trasformazione del mondo non potrebbe essere più
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completo, e in questo divorzio è tutto il carattere subalterno del
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marxismo della Seconda Internazionale diviso fra scientismo
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positivistico e neokantismo, e in questa posizione tuttavia
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internamente solidale. L'oggettivismo deterministico non riesce a
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includere il momento ideologico, il programma politico
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rivoluzionario" (L. Colletti, Introduzione a Bernstein, *Socialismo
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e socialdemocrazia*, Bari, Laterza, 1968; ora in *Ideologia e
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società*, Bari, Laterza, 1970, p. 100). -->
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<!-- È pertanto determinante far risaltare come tale diffuso
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riconoscimento della *naturalità* delle leggi economiche si saldi, senza
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soluzioni di continuità, al recupero esplicito del "dover essere"
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kantiano, in quanto "ideale etico" cui unicamente possa essere rimesso
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il realizzarsi del socialismo. -->
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<!-- Non è un caso che il gruppo austriaco formatosi nei primissimi anni
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del '900 intorno all'associazione "Zukunft" (1903) e alle riviste
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"Marx-Studien" (1904) e "Der Kampf" (1907) -- Max Adler, Karl Renner,
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Rudolf Hilferding, Gustav Eckstein, Otto Bauer[^8] -- si caratterizzi,
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prima che come insieme di quadri politicamente impegnati, come centro di
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studiosi interessati a confrontare l'eredità "speculativa" del marxismo
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con la filosofia neokantiana, con il pensiero di Stammler, Windelband e
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Rickert, con gli apporti dell'economia marginalista austriaca, con le
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teorie di Mach. Confrontare socialismo e neokantismo non costituisce una
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semplice velleità intellettuale, quanto la conseguenza diretta di una
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assoluta scissione fra il regno economico della Necessità e quello tutto
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ideologico della Libertà socialista. Con un risultato del tutto
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particolare, però, che differenzia in qualche modo il ceppo originario
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dell'austromarxismo dalla tradizione storica della Socialdemocrazia
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tedesca. La riduzione del socialismo a ideologia non si fonda ancora,
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nel primo Bauer, nel progetto di ricomposizione di capitale e lavoro: ha
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qui ben ragione Colletti a vedere nell'ideologia, riproposta come mondo
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della "libertà etica" accanto al mondo della "necessità" naturale, una
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riproduzione del dualismo kantiano tra *Müssen* e *Sollen*, tra
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Necessità e Dovere[^9].
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[^8]: Cfr. Yvon Bourdet, *Otto Bauer et la Révolution*, Paris, EDI,
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1968, pp. 14--15.
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[^9]: L. Colletti, op. cit., p. 101. "Questo discorso -- continua
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Colletti -- in Hilferding come in Max Adler e nell'austromarxismo in
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genere, si svolge con una finezza di argomentazioni che sarebbe vano
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cercare negli scritti filosofici di Kautsky o di Plekhanov. E
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tuttavia la convinzione che possa darsi un corpo di conoscenze
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scientifiche, acquisite indipendentemente da ogni *valutazione*,
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mostra bene l'ingenuo positivismo che è alla base di quel discorso e
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la sua incapacità di intendere che il ruolo cui adempie il finalismo
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nella ricerca scientifica è, *per un certo verso*, il ruolo stesso
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della *deduzione*". -->
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<!-- Nell'austromarxismo del primo '900 non c'è spazio per una
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mediazione fra questi opposti. Gli intellettuali austriaci di parte
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marxista sembrano voler accettare la tesi weberiana che pone una
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radicale incomunicabilità fra conoscenza e vita, fra scienza e
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ideologia, fra scienza e *valori*: con il risultato di vedere in questi
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ultimi qualcosa di incomunicabile, se non irrazionale. (Rickert -- tanto
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studiato dagli austromarxisti -- parla esplicitamente di "fuoriuscita
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dal pensiero" per l'intuizione dello storico). -->
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<!-- Accettando per il socialismo un puro ruolo ideologico,
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riconducendolo a un'etica del tutto irrelativa alla necessità delle
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vicende economiche, l'austromarxismo crede di poter superare quelle che
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apparivano allora le "aporie" delle previsioni marxiane o le
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"autocritiche" dell'ultimo Engels. -->
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<!-- Se il *conoscere* quella Necessità (farsi coscienti della
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*necessità del capitale*, quindi) è l'unica forma possibile di
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oggettività, non vi è altro modo per ostinarsi ad essere socialisti che
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appellarsi a un "dover essere" etico e volontaristico. È mettiamo fra
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parentesi, a questo punto, quanto quella *conoscenza* delle leggi
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economiche fosse reale, o quanto il richiamo al "dover essere" borghese
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rendesse l'intero corpus teorico dell'austromarxismo altamente
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angoscioso. -->
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<!-- Lo stesso Max Adler, il rappresentante più a *sinistra*
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dell'austromarxismo, scrive nel 1908 che "ogni causalità sociale corre
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solo all'interno di una determinata forma teleologica, che le imprime la
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natura spirituale dell'uomo, ed è quindi intrinsecamente
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finalistica"[^10]; nell'uomo, quindi, "l'essere non è più uno stato
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materiale, bensì è qualcosa da non considerare altrimenti che come
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realizzazione spirituale, come pensiero, volontà e azione"[^11].
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L'inscindibilità di base e sovrastruttura si fonda quindi, per Max
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Adler, su "uno stesso e identico carattere e, precisamente, un carattere
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spirituale"[^12]. È qui che Adler si incontra con Bernstein: il
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socialismo è per loro un "ideale morale", posto "liberamente" di fronte
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all'oggettività dell'ordinamento capitalistico.
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[^10]: Max Adler, *Marx als Denker*, Berlin 1908, p. 35.
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|
[^11]: Ibidem, p. 38.
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|
[^12]: M. Adler, *Die Staatsauffassung des Marxismus*, Wien 1922, p. 88,
|
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cit. in L. Colletti, op. cit., p. 43. -->
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<!-- Da tali premesse risulta comprensibile come la "teoria del la
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rivoluzione lenta" di Otto Bauer si riversi in un progetto di
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socializzazione della produzione che oscilla paurosamente fra la
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"giustizia distributiva", un astratto riconoscimento della necessità di
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una programmazione economica decentrata, e un progetto di gestione
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consiliare a forte impronta corporativa[^13].
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|
[^13]: Cfr. Y. Bourdet, *Otto Bauer* cit.: Julius Braunthal, *Otto
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Bauer*, in "Critica sociale" 15, 1963, p. 423 ss.; Herbert Steiner,
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*Am Beispiel Otto Bauers. Die Oktober-Revolution und der
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Austromarxismus*, in "Weg und Ziel", numero speciale del luglio
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1967; Norbert Lesen, *Tod und Leben des Austromarxismus*, in "Neues
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Forum" 1966, pp. 344--347; *Die Tragòdie des Austromarxizsmus*,
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ibidem, pp. 482--486; *Was bleibt vom Austromarxismus*, ibidem, pp.
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612--818; trad. it. *È morto l'austromarxismo? Bilancio di una
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concezione politica*, in "Dialoghi del XX", 1967 (*Gli intellettuali
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di sinistra tra le due guerre*, pp. 152--190). -->
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<!-- Il che ha delle immediate conseguenze quando, dopo i rivolgimenti
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politici del 1918, la Socialdemocrazia austriaca si trova ad assumere il
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peso di una gestione diretta e indiretta dello Stato, e, più in
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particolare, del destino economico e urbanistico della sua capitale.
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L'intera tematica austromarxista -- con tutto il suo complesso bagaglio
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ideologico -- è chiamata ora a misurarsi con problemi eminentemente
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materiali, e, principalmente, ad assumersi un doppio peso: quello della
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"*necessità*" capitalistica e quello del "*soggettivismo*" operaio. -->
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<!-- Diviene così impossibile separare la storia della Socialdemocrazia
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austriaca dalle vicende della politica di intervento sociale da essa
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condotta: il partito sceglie di impegnarsi nella concreta soluzione dei
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problemi che erano stati emarginati dal bilancio della politica
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economica della borghesia capitalistica ottocentesca. -->
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<!-- Non a caso l'amministrazione socialista di Vienna si trova
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impegnata in una lunga ed estenuante battaglia, protrattasi fino al
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1933, per la realizzazione di programmi che hanno tutti la loro origine
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nelle tematiche affrontate nel famoso studio del Philippovic (1894)
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sulla condizione delle abitazioni operaie[^14].
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[^14]: "Se si lascerà che ogni cosa rimanga come è, se metteremo le mani
|
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in grembo -- scriveva il Philippovic -- allora lo stato dei nostri
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alloggi continuerà a far sentire i suoi spaventosi e deleteri
|
|
effetti sulla vita, sulla salute e sullo sviluppo mentale della
|
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popolazione. Ogni tanto scoppieranno delle epidemie che porteranno i
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loro germi distruttivi bel al di là dei confini delle classi povere;
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i malati diventeranno un onere per la comunità; i cadaveri di coloro
|
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che sono morti prima del tempo leveranno il loro muto lamento e
|
|
susciteranno nel cuore di chi vive un odio per le classi possidenti
|
|
e per il nostro ordinamento sociale, più profondo di quello che
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potrebbe mai suscitare il più eloquente degli agitatori. I
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sentimenti morali del popolo finiranno per essere distrutti e
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soffocati dagli istinti più rudi della vita animale. Non solo un
|
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sentimento di umanità, la compassione per le sofferenze dei nostri
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simili, ma anche una saggia riflessione e un'illuminata *raison
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d'état* ci impongono di intervenire e di organizzare in maniera
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insensata la condizione, prima di una normale vita sia fisica che
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psichica, le case per il popolo" (cit. in Gulick, op. cit.). -->
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<!-- Confrontarsi con tali tematiche in una capitale abnorme, che nel
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corso del XIX secolo aveva assunto solo esteriormente le caratteristiche
|
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di una moderna Grosstadt, mentre consolidava in realtà la propria facies
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di città-simbolo del mito imperiale, ha sin dall'inizio per il partito
|
|
socialdemocratico un valore tutto politico. Il problema che esso
|
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affronta è infatti la saldatura dei movimenti di classe a una
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|
ristrutturazione democratica delle istituzioni: sotto tale ottica il
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risanamento della situazione degli alloggi a Vienna -- tipico tema in
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cui convergono interessi operai e piccolo-borghesi -- non poteva che
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presentarsi come prioritario. -->
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<!-- Qualsiasi ragionamento economico in senso complessivo viene di
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conseguenza messo fra parentesi. Come cercheremo di dimostrare, l'unica
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politica economica legata agli interventi urbanistici della
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Socialdemocrazia è la difesa della competitività dell'industria di
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esportazione nel mercato internazionale. È per questo che quegli
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|
interventi scelgono di insistere sulla soluzione dei problemi lasciati
|
|
aperti dalle gestioni urbane dell'800: la negativa eredità della Vienna
|
|
speculativa balza ora in primo piano come "piaga sociale" da risolvere
|
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con urgenza. Né può esser negato che quell'eredità costituisse un peso
|
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di notevole incidenza: le leggi viennesi sull'edilizia, basate su un
|
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decreto del 1883 (a sua volta ripetizione di decreti risalenti al 1868 e
|
|
1829), erano state l'espressione più compiuta di una concezione
|
|
puramente *quantitativa* del tema residenziale a livello di massa, con
|
|
tutte le premesse da cui essa ha origine: attacco sistematico al salario
|
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reale operaio, speculazione fondiaria, accumulazione primitiva di
|
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capitale. Va anche notato che dal 1890 al 1900 la speculazione sui
|
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terreni poteva trarre profitti oscillanti fra il 1000% e il 1200% --
|
|
profitti che raggiungono le punte del 2400--2300% in casi particolari --
|
|
mentre la speculazione sugli affitti, grazie al sistema di tassazione
|
|
vigente e malgrado livelli di fitti che raggiungono 1/4 del salario
|
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operaio, permettevano un ricavo pari al 20% dell'affitto lordo[^15].
|
|
Conseguenza, questa, di ulteriori levitazioni dei fitti e del fenomeno,
|
|
quantitativamente pauroso a Vienna, del subaffitto dei locali o di
|
|
singole porzioni di locale. La disastrosa situazione degli alloggi a
|
|
Vienna -- recentemente ristudiata nei suoi aspetti particolari in saggi
|
|
cui rimandiamo direttamente[^16] -- costituisce immediatamente per la
|
|
Socialdemocrazia il terreno privilegiato della sua lotta politica. Il
|
|
programma di socializzazione steso da Otto Bauer agli inizi del 1919
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prende largamente in esame il problema degli alloggi e del "diritto
|
|
della casa"[^17], pamphlets e programmi di partito vengono stesi fra il
|
|
'19 e il '21 da Brod e Danneberg a favore di un diretto intervento
|
|
municipale nell'edilizia, finanziato da speciali sistemi di tassazione,
|
|
mentre l'utilizzazione dei molti decreti sulla requisizione degli
|
|
alloggi permette al Comune di Vienna un'operazione di ridistribuzione
|
|
dello stock edilizio esistente e di riassicurare la mobilità operaia --
|
|
bloccata dalle precedenti leggi di protezione degli inquilini[^18] --
|
|
attraverso un "Bollettino degli scambi e dei subaffitti".
|
|
|
|
[^15]: Il 40 % degli affitti veniva pagato sotto forma di tasse al
|
|
governo centrale e alle municipalità, il 5--6 % andava alle spese di
|
|
amministrazione, il 7--10 % era assorbito dalle spese di
|
|
manutenzione. Del restante 44--48 % una metà andava ai mutui
|
|
ipotecari, che raggiungevano più del 50 % del valore complessivo
|
|
delle abitazioni viennesi. Il ricavato netto per i proprietari di
|
|
case si aggirava quindi intorno al 20 % dell'affitto lordo (cfr. Ch.
|
|
R. Gulick, op. cit.). La tassazione sui fitti, insieme alla politica
|
|
di acquisizione dei terreni da parte del Comune, contribuì ad
|
|
aggravare la situazione degli alloggi a Vienna: gli stanziamenti
|
|
comunali in spese di urbanizzazione, derivanti dai proventi delle
|
|
tasse, provocava un continuo aumento del valore dei terreni, e, di
|
|
conseguenza, aumenti degli affitti.
|
|
|
|
Il 17 ottobre 1911 il Consiglio comunale di Vienna approva una
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risoluzione che garantisce la partecipazione del Comune ad una
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società a responsabilità limitata per l'immediata costruzione di 250
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alloggi di emergenza per i senza tetto: il Consiglio stanzia 200.000
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corone in contanti pari a 1/3 del capitale totale necessario per
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l'operazione, si impegna a costruire opere di urbanizzazione per
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150.000 corone e decide di compensare con 4000 corone annue un
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ospedale che sarebbe stato danneggiato da tale intervento
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urbanistico. Nel corso della prima guerra mondiale, il sindaco di
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Vienna scrive che i 3000 piccoli alloggi costruiti dalla
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municipalità hanno sanato la situazione in tale settore edilizio.
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"Le critiche rivolte a questo tipo di intervento -- scrive il Gulick
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(op. cit.) -- sottolineavano il fatto che gli appartamenti erano
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stati in realtà costruiti delle imprese municipali dei trasporti
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urbani, del gas e dell'elettricità ad esclusivo vantaggio dei logo
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impiegati e che i capitali provenivano, in gran parte, dal fondo
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pensioni degli impiegati stessi (...). Tali critiche sostenevano
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anche che gli interventi in questione erano stati suggeriti dal
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desiderio di avere le case degli operai vicine al posto di lavoro,
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ragion per cui già nella Vienna di ante-guerra il fattore
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'abitazione' intralciava in qualche modo la libertà di movimento
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della mano d'opera."
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Nel 1913, infine, viene istituito un Ufficio dei piccoli alloggi
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presso il Comune di Vienna, che tuttavia non svolge attività di
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rilievo. Si noti l'insistere dei Consigli comunali conservatori sul
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tema del "piccolo alloggio".
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[^16]: Oltre al Gulick, op. cit., cfr. Bobek e Lichtenberger, *Wien*
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cit.: C. Aymonino, op. cit.; e Sokratis Dimitriou, *Grosstadt Wien.
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Städtebau der Jahrhundertwende*, in "Der Aufbau" 4--5, 1964, pp.
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188--200. Cfr. anche l'interessante saggio di Werner Hagemann, *Der
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Städtebau nach den Ergebnissen der Städtebau-Austellung*, Berlin,
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Verlag von Ernst Wasmuth, 1913.
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[^17]: Otto Bauer, *Der Weg zum Sozialismus*, Wien 1919.
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[^18]: La protezione degli inquilini limita i diritti del padrone di
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casa ad aumentare gli affitti e a dare gli sfratti: essa è sancita
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dal decreto del 26 gennaio 1917 (riferito però unicamente ad
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appartamenti e a locali di uso commerciale che procurino un reddito
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minore di quello stabilito, nelle varie città austriache, da una
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tabella che divide le città stesse in cinque categorie), emendato
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successivamente nel 1918 e nel 1922, estendendo i diritti degli
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affittuari ed eliminando le restrizioni stabilite dal decreto del
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'17. -->
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<!-- Ma non basta. L'intervento dei socialdemocratici induce a
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trasformare, con legge del 15 aprile 1919, l'ex Fondo Imperiale per
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l'Assistenza Alloggi in un Fondo Federale per l'Edilizia, creato con lo
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scopo di rifondere i capitali non produttivi investiti nell'edilizia
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sociale e di emergenza dei comuni: fondo alimentato dai contributi del
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Governo Federale e da una tassa speciale gravante sui datori di lavoro.
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-->
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<!-- È ai nostri fini relativamente importante seguire nei loro
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particolari le battaglie parlamentari sostenute sul tema dalla
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Socialdemocrazia, o le vicende del Fondo Federale per l'Edilizia
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(rivelatosi ben presto strumento inefficace di fronte alle condizioni
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imposte dal periodo di inflazione e sostituito il 18 marzo 1921 dal
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Fondo Comunale per l'Edilizia istituito dalla Municipalità socialista di
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Vienna)[^19]. Ciò che maggiormente ci interessa è valutare le ragioni
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politiche della scelta socialdemocratica, evitando di accettare
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passivamente come oggettivo -- come è stato quasi sempre fatto finora --
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un programma economico-sociale che nelle condizioni dell'Austria uscita
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dalla prima guerra mondiale privilegia senza remora alcuna la "questione
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delle abitazioni".
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[^19]: In realtà, il provvedimento che dà l'avvio alla politica edilizia
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del Comune di Vienna è la legge sulle tasse di affitto del 10
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febbraio 1922, entrata in vigore nel maggio dello stesso anno. Con
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essa si stabilisce che i proventi della tassa sull'affitto debbono
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essere usati per la costruzione e la manutenzione di case popolari e
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di alloggi di emergenza. Si fissa contemporaneamente che il 60 % dei
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proventi vada devoluto alle spese di costruzione, il 10 % alla
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manutenzione, il 30 % agli alloggi di emergenza: di conseguenza, il
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vecchio Fondo per l'Edilizia viene abolito. -->
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<!-- # 2. Dall'ideologia al programma economico -->
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<!-- Un primo elemento di chiarificazione può essere offerto dal piano
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di socializzazione steso da Otto Bauer nel 1919[^20]. Il problema
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cardine del socialismo è per Bauer il collegamento fra una "giusta
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distribuzione" e una distruzione radicale del capitale "passivo", di
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origine feudale. La "costruzione della società socialista" dovrà
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procedere progressivamente verso un'*organizzazione sociale della
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produzione e della distribuzione* fondata su un "lavoro liberato"[^21].
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La socializzazione delle fonti energetiche e delle industrie figura di
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conseguenza al primo posto nel suo programma: in modo ancor più confuso
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che nelle proposte di Korsch, nella sua visione della gestione
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consiliare la salvaguardia degli interessi "sociali" non può avvenire
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che attraverso un meccanismo di reciproco aggiustaggio regolato dalla
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mediazione statale, inserita fra gli interessi dei consigli dei
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produttori e quelli dei rappresentanti dei "consumatori".
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[^20]: O. Bauer, *Der Weg zum Sozialismus* cit.
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[^21]: O. Bauer, op. cit., capitoli I e II. -->
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<!-- Anche il capitalismo democratico di Bauer giunge all'eliminazione
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del "padrone" al fine di cancellare ogni instabilità nelle relazioni fra
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capitale e lavoro; ma si rifiuta ad una gestione tecnica dell'impresa da
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parte dei Consigli operai. -->
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<!-- Ai Consigli, al contrario, è demandata l'amministrazione delle
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istituzioni di immediato interesse operaio: le abitazioni operaie, gli
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economati, le cucine collettive, i servizi[^22]; in altre parole le
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istituzioni in grado di educare il proletariato ad assumersi i compiti
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assegnati da Max Adler all'"uomo nuovo"[^23], Ed è sulle medesime basi
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che Bauer affronta la questione della socializzazione dei terreni urbani
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e degli alloggi.
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[^22]: Ibidem, capitolo IV.
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[^23]: Cfr. Max Adler, *Neue Menschen. Gedanken über sozialistische
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Erziehung*, Berlin 1924. È interessante notare che nel 1922 i
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socialdemocratici presentano una legge con cui si propone di
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istituire in ogni casa un comitato di inquilini con il compito di
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approvare o meno -- con compiti persuasori nei confronti
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dell'assemblea degli inquilini, in caso positivo -- gli aumenti
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degli affitti per la manutenzione e l'amministrazione delle case.
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-->
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<!-- Dopo aver brevemente ricapitolato le origini del problema delle
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concentrazioni metropolitane ed aver perentoriamente affermato che la
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soluzione del problema degli alloggi spetta esclusivamente ai singoli
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comuni, una volta che lo Stato abbia loro assicurato adeguati strumenti
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legali, egli affronta il tema della formazione dei demani comunali. -->
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<!-- Otto Bauer non nega la necessità di un esproprio socialista degli
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antichi espropriatori. Ma tale espropriazione -- egli scrive -- "non
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può, non deve avvenire, sotto la forma di una brutale confisca della
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grande proprietà capitalista e immobiliare, dato che in tale forma essa
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non potrebbe compiersi che al prezzo di una devastazione spaventosa dei
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mezzi di produzione che ridurrebbe al lastrico le masse popolari ed
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esaurirebbe le fonti della ricchezza nazionale. L'espropriazione degli
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espropriatori deve piuttosto avvenire nell'ordine e nella regola, in
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modo tale da non distruggere l'apparato produttivo della società, e da
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non impedire lo sviluppo dell'industria e dell'agricoltura. Lo strumento
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principale di tale espropriazione regolare può essere concentrata nel
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sistema tributario"[^24]. Un socialismo basato su una ridistribuzione
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*equa* della ricchezza, quindi, e sulla progressiva trasformazione del
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capitalismo privato in capitalismo socializzato, sulla base di una
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partecipazione azionaria dei vecchi proprietari.
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|
[^24]: O. Bauer, op. cit., capitolo VII. -->
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<!-- È comunque significativo che Otto Bauer non investa, con il suo
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progetto politico, l'organizzazione della città nel suo complesso, ma si
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limiti a trattare il tema della socializzazione delle aree fabbricabili
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e delle residenze popolari[^25]; il che è del tutto coerente con le
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premesse del suo programma di democratizzazione decentrata e isolata
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nell'ambito dei singoli settori economici.
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|
[^25]: Ibidem, capitolo IX. -->
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<!-- Non va però escluso che dietro a tale disinteresse per la funzione
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della città nello sviluppo economico si celassero, nel Bauer del '19,
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considerazioni tutte politiche. Nell'assoluta incertezza circa il
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destino nazionale dell'Austria e i possibili modi della sua integrazione
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nell'area produttiva mitteleuropea, puntare su obiettivi delimitati e
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controllabili corrisponde ad una tattica di transizione, che vede al
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primo posto la conquista alla Socialdemocrazia dei ceti medi e
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piccolo-borghesi. -->
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<!-- Il principio del "diritto all'alloggio", il programma di esproprio
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generalizzato dei terreni fabbricabili da parte dei comuni, con
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interventi statali puramente finanziari, l'indennizzo agli antichi
|
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proprietari mediante titoli a interesse fisso sul nuovo valore del suolo
|
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reso comunale, sono tutti strumenti esplicitamente rivolti a tale
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politica "popolare". Ne emerge comunque la più assoluta negazione del
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ruolo produttivo dell'edilizia: a parte le misure contingenti tese alla
|
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ridistribuzione dello stock edilizio esistente, sono le prospettive
|
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indicate da Bauer a tracciare le linee di una politica urbanistica che
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toccherà il suo apogeo nella "Vienna rossa". -->
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<!-- "Lo Stato -- scrive Bauer[^26] -- dovrà (...) regolare il prezzo
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degli affitti negli alloggi comunali: il principio cardine seguito dai
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comuni sarà quello di calcolare il prezzo di affitto relativo alle case,
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ai laboratori, ai negozi, in modo tale da coprire unicamente le spese di
|
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costruzione. Essi non avranno alcun diritto ad estrarre profitti da tali
|
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affitti. Solo le abitazioni di lusso, gli appartamenti e i negozi
|
|
favoriti nella loro localizzazione saranno affittati a prezzi più alti,
|
|
e tale profitto potrà essere impiegato per ridurre i prezzi dei piccoli
|
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alloggi o per soddisfare i bisogni generali della città".
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|
|
[^26]: Ibidem, capitolo VII. -->
|
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|
|
<!-- Il principio bernsteiniano della "distribuzione socialista"
|
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all'interno dei rapporti di produzione capitalistici è qui applicato in
|
|
pieno a proposito dell'economia urbana. E possiamo rilevare al proposito
|
|
quanto, all'atto pratico, nel leader politico dell'austromarxismo la
|
|
"naturalità" delle leggi economiche, tanto proclamata in astratto, si
|
|
traduca poi in programmi continuamente in bilico fra una politica
|
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manageriale e di autogestione di stampo populista, e un progetto di
|
|
integrazione sociale in cui riemerge potentemente l'autentico strumento
|
|
originale dell'austromarxismo stesso: la socializzazione come
|
|
realizzazione della *nuova etica* della democrazia socialista. -->
|
|
|
|
<!-- Nessuna meraviglia, quindi, sul fatto che Bauer possa trascurare
|
|
con tanta noncuranza la questione dei finanziamenti dei progetti di
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esproprio generalizzato e di gestione comunale dell'edilizia, o quella
|
|
dell'integrazione di tali spese sociali nell'ambito dell'economia
|
|
nazionale. Il suo vero programma, in tale settore, è esposto nella
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|
seconda parte del capitolo relativo alla questione delle abitazioni del
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|
suo *Der Weg zum Sozialismus*. -->
|
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|
<!-- Escludendo una diretta gestione comunale delle abitazioni popolari,
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|
Bauer ritiene "necessario far amministrare le case dagli stessi
|
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abitanti. L'amministrazione dei diversi caseggiati sarà affidata a
|
|
comitati di affittuari che dovranno occuparsi della conservazione, della
|
|
manutenzione e della pulizia delle abitazioni". Tali comitati --
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|
paralleli, si noti, ai comitati operai di fabbrica -- "saranno
|
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autorizzati, al fine di alleviare il lavoro domestico, a installare nel
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nuovo edificio o in settori di esso cucine centralizzate, lavanderie ed
|
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essicatoi comuni, ambienti per il gioco e lo studio dei bambini, mense
|
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comuni, sale di lettura e per il gioco degli adulti, e ad assumere il
|
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personale necessario al funzionamento di tali servizi. I residenti
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parteciperanno alle spese in ragione proporzionale al prezzo di affitto
|
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da loro pagato"[^27].
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[^27]: Ibidem. "In tal modo -- continua Bauer -- i servizi saranno in
|
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parte socializzati: molti ruoli, assolti oggi separatamente in ogni
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alloggio, saranno assolti in comune da più alloggi, sotto la tutela
|
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del comitato inquilini e dei suoi organi. La donna che lavora non
|
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dovrà più sopportare il doppio fardello della professione e delle
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cure domestiche. I bambini saranno curati meglio di oggi (...).
|
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Infine, grazie a tale parziale socializzazione, gli inquilini
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troveranno un interno più godibile. Mentre oggi l'operaio deve
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trascorrere il suo tempo libero nel vano che funge da cucina,
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lavatoio e stanza di gioco per i bambini, mentre oggi egli fin
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troppo spesso abbandona la sua spiacevole abitazione per correre,
|
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quando può, all'osteria, egli troverà nel suo caseggiato,
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immediatamente vicino al suo alloggio, sale di lettura, di gioco e
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|
di conversazione dove passare felicemente il tempo libero". Il
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confronto fra le tesi di Bauer e i passi di Lenin e, più tardi, dei
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teorici sovietici della casa-comune, si impone come immediato. -->
|
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<!-- Alla democratizzazione economica corrisponde quindi la
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democratizzazione della gestione delle abitazioni. Anzi, nello scritto
|
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di Bauer -- che avrà nella politica del Comune di Vienna, dal '23 in
|
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poi, conseguenze dirette sul piano realizzativo -- si può cogliere il
|
|
progetto politico che guida le sue proposte. Se il "diritto alla casa"
|
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dovrà spingere le municipalità a una adeguata risposta alla domanda di
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abitazioni, esercitando il proprio diritto di esproprio e costruendo
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(direttamente o tramite cooperative) gli alloggi, la "gestione dal
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basso" degli alloggi stessi e delle strutture relative è strumento per
|
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una *educazione alla democrazia tramite* la socializzazione dei servizi.
|
|
-->
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<!-- L'accento posto sui servizi comuni, sulla liberazione della donna
|
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dalle schiavitù domestiche, sull'*equo canone* fissato una volta per
|
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tutte sui prezzi di costruzione, sul valore comunitario della gestione
|
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delle residenze da parte dei comitati di alloggio eletti
|
|
democraticamente, ha chiaramente due risvolti. -->
|
|
|
|
<!-- Da un lato il programma di Bauer rappresenta una risposta
|
|
"costruttiva" alle impostazioni sovietiche del tema residenziale[^28] --
|
|
non a caso egli prefigura un modello di casa "semi-comune" da realizzare
|
|
senza imposizione alcuna, per libera scelta degli inquilini --;
|
|
dall'altro tende a saldare i nuovi poteri attribuiti ai comuni per la
|
|
programmazione edilizia alla partecipazione popolare. Il dilemma su cui
|
|
i fautori della gestione consiliare si scontrano -- da Korsch a Bauer
|
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stesso -- per superare l'antitesi fra l'imperativo del piano produttivo
|
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e l'autogestione operaia della produzione stessa, della distribuzione e
|
|
del consumo, viene saltato a piè pari, estraendo forzosamente la
|
|
socializzazione dei terreni e dell'edilizia dal ciclo economico
|
|
complessivo.
|
|
|
|
[^28]: Cfr. fra l'altro: P. Martell, *La legislazione sugli alloggi
|
|
nella Russia sovietica*, in "Wohnungswirtschaft" 23, 1928, pp.
|
|
140--143, pubblicato in italiano in appendice alla traduzione del
|
|
volume di El Lisickij, *La ricostruzione dell'arcbitettura in
|
|
Russia: 1929*, Firenze, Vallechi, 1969, pp. 140--144; V. Rabinovič,
|
|
A. Rjabuscin, *V. I. Lenin o Problemach Novogo Byta i Žilišča* [*V.
|
|
I. Lenin sui problemi del nuovo modo di vita e della residenza*] in
|
|
"Stroitel'stvo i Architektura Moskvy" 2, 1970, pp. 1--2. -->
|
|
|
|
<!-- Aymonino ha giustamente messo in relazione il dibattito interno
|
|
alla Socialdemocrazia tedesca sul tema edilizio alle indicazioni offerte
|
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da Karl Kautsky nel 1919, con le sue "Direttive per un programma di
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|
azione socialista"[^29]. Per Kautsky costruzione e amministrazione degli
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|
alloggi spettano direttamente ai comuni, lasciando alla "maturità e
|
|
all'organizzazione delle masse lavoratrici stabilire con quali mezzi
|
|
potranno essere ottenuti i risultati migliori, se cioè il comune dovrà
|
|
servirsi di imprenditori privati, ai quali imporrà le proprie
|
|
condizioni" o se sarà meglio implicare nella gestione delle imprese le
|
|
stesse organizzazioni operaie[^30].
|
|
|
|
[^29]: C. Aymonino, *La città di Berlino*, in *L'abitazione razionale*
|
|
cit., pp. 56--27.
|
|
|
|
[^30]: Karl Kautsky, *Direttive per un programma di azione socialista*
|
|
(1919) cit. in C. Aymonino, op. cit., p. 56. -->
|
|
|
|
<!-- Sulla base della seconda soluzione indicata da Kautsky, Martin
|
|
Wagner elaborerà a Berlino la propria teoria sulla socializzazione
|
|
dell'attività edilizia, con l'intervento combinato dei comuni e di
|
|
"società edilizie socializzate" -- si tratta, in sostanza di un primo
|
|
abbozzo di quella che sarà la politica urbanistica dell'ADGB e della
|
|
GEWOG nella Germania di Weimar. Otto Bauer, al contrario, pur elaborando
|
|
il proprio programma di socializzazione dei terreni e dell'edilizia
|
|
sulla base di uno schema teorico tangente a quello di Kautsky, evita
|
|
accuratamente -- come si è visto -- di entrare in merito al
|
|
finanziamento e alla gestione dell'attività edilizia. -->
|
|
|
|
<!-- Non a caso, infatti, la casa come spesa sociale a carattere
|
|
assistenziale si completa nel progetto tutto pedagogico della
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|
socializzazione dei servizi e della loro gestione. È qui che la tematica
|
|
*etica* dell'austromarxismo si traduce direttamente in programma
|
|
politico. La "questione degli alloggi" è ora chiamata a divenire il
|
|
terreno su cui fondare modelli dimostrativi di *socialdemocrazia
|
|
realizzata*. È su tale base che il problema urbano nel suo complesso può
|
|
essere ignorato da Bauer: in quanto tale -- in quanto eredità "negativa"
|
|
dell'organizzazione capitalistica -- esso dovrà essere messo fra
|
|
parentesi, mentre al suo interno vengono formandosi organizzazioni
|
|
parziali di nuova "democrazia residenziale". -->
|
|
|
|
<!-- La scritto di Bauer è del '19 ed è ancora all'interno di una
|
|
prospettiva ottimistica circa la possibilità di un blocco democratico
|
|
ancorato ad un progetto di "cauta socializzazione", che prenda le sue
|
|
distanze sia dall'esperienza sovietica che dalla ideologia consiliare di
|
|
un Korsch o di un Pannekoek. Come ha notato Norbert Leser, Bauer si
|
|
riferisce poco più tardi, nel suo *Die Osterreichische Revolution*, del
|
|
1923, a un passo dell'engelsiana *Origine della famiglia*, in cui è
|
|
pronosticata una situazione "in cui le classi che si affrontano vengono
|
|
a trovarsi in una situazione di equilibrio", e dove, di conseguenza, lo
|
|
Stato cessa di essere strumento di dominio della borghesia per assumere
|
|
una funzione mediatrice, per poi riacquistare il proprio tradizionale
|
|
ruolo alla fine della "situazione di equilibrio"[^31].
|
|
|
|
[^31]: N. Leser, op. cit., pp. 164--165 dell'edizione italiana. -->
|
|
|
|
<!-- Bauer interpreta appunto l'Austria, fra l'autunno del 1919 e
|
|
l'autunno del '22, come "Repubblica popolare" in senso engelsiano,
|
|
mentre nella politica di risanamento monetario intrapresa da Seipel, con
|
|
l'appoggio del capitale straniero, Bauer leggerà la "rivincita" presa
|
|
dalla borghesia "per il 12 novembre 1918"[^32].
|
|
|
|
[^32]: O. Bauer, *Die Österreichische Revolution*, Wien 1923, 1965^2, p.
|
|
285. -->
|
|
|
|
<!-- Eppure gli sforzi socialdemocratici per imporre una accelerata
|
|
socializzazione del capitale erano stati costantemente frustrati: nel
|
|
'19 la Socialdemocrazia è battuta nella questione della socializzazione
|
|
dell'*Alpine-Montangesellschaft*, la maggiore impresa mineraria
|
|
austriaca, la legge del 30 maggio 1919 sulla procedura di
|
|
nazionalizzazione delle imprese rimane priva di applicazione concreta, i
|
|
progetti di socializzazione dell'industria carbonifera e delle imprese
|
|
connesse alla attività edilizia cadono di fronte all'opposizione
|
|
cristiano-sociale[^33].
|
|
|
|
[^33]: Cfr. N. Leser, op. cit., pp. 165--166. -->
|
|
|
|
<!-- Uscendo nel 1920 dalla coalizione governativa, il partito
|
|
socialdemocratico fa certo i conti con il fallimento della teoria
|
|
dell'"equilibrio neutrale", ma anche, e principalmente, con
|
|
l'orientamento delle masse operaie, pesantemente critiche circa
|
|
l'operazione politica condotta dal partito a livello statale[^34].
|
|
|
|
[^34]: Ibidem, p. 168. -->
|
|
|
|
<!-- Fra l'uscita dalla coalizione e la concentrazione delle volontà
|
|
"costruttive" della Socialdemocrazia a Vienna esiste quindi una stretta
|
|
correlazione. -->
|
|
|
|
<!-- Le occasioni di tale svolta sono da un lato il dissenso
|
|
socialdemocratico sul problema dei fiduciari nell'esercito, dall'altra
|
|
la schiacciante vittoria del partito ottenuta nel '20 alle elezioni
|
|
municipali viennesi, grazie all'estensione del suffragio universale. Di
|
|
colpo il partito socialdemocratico si trova così a dover gestire una
|
|
situazione urbana fallimentare per due diversi ordini di motivi: -->
|
|
|
|
<!-- (a) per la pesante eredità tramandata dalla politica urbanistica
|
|
dell''800; -->
|
|
|
|
<!-- (b) per l'assurda caratterizzazione assunta da Vienna, una volta
|
|
avvenuto il distacco definitivo della capitale dell'ex impero asburgico
|
|
dalla Germania e dai territori produttivi che ne avevano giustificato
|
|
l'esistenza e le forme particolari di sviluppo. -->
|
|
|
|
<!-- Nell'ambito finanziario, la perdita della posizione economica di
|
|
Vienna, ganglio terziario di portata internazionale nell'ambito
|
|
dell'impero asburgico, si registra dal '18 in poi con effetti
|
|
disastrosi. I bilanci delle banche viennesi passano da un valore
|
|
superiore ai 10 miliardi di corone nel 1913 a una cifra pari a un
|
|
ventesimo di tale ammontare nel periodo dell'inflazione post bellica,
|
|
nel periodo della ripresa raggiungono solo 1/3 in più del valore
|
|
originario, per trovarsi immediatamente dopo riportati a situazioni
|
|
deficitarie: nel 1934.più di 1/4-dei lavoratori salariati risulta
|
|
disoccupato (261.650 persone con il 37,7 % di disoccupazione
|
|
strettamente operaia). L'intero sistema territoriale di organizzazione
|
|
produttiva, basato sul decentramento dell'industria pesante nei
|
|
giacimenti carboniferi della Moravia e su.vaste interrelazioni fra i
|
|
vari paesi dell'impero, frana all'improvviso dopo il '19, rendendo di
|
|
colpo la Vienna terziaria di due milioni di abitanti -- una Vienna che
|
|
aveva potuto fino ad allora negarsi come "città del lavoro" per
|
|
affermarsi come mitica città della direzione e del consumo -- una sorta
|
|
di anacronistico e improduttivo agglomerato, alla disperata ricerca di
|
|
una qualche funzione[^35].
|
|
|
|
[^35]: Alla luce di tali considerazioni va riesaminato il significato
|
|
politico-economico delle tesi austromarxiste sull'Anschluss con la
|
|
Germania: è a causa del veto francese all'Anschluss che Otto Bauer
|
|
rassegna le sue dimissioni, il 26 luglio 1919, dalla carica di
|
|
Ministro degli Affari Esteri. -->
|
|
|
|
<!-- La diminuzione degli abitanti viennesi dai 2.031.498 del 1910 a
|
|
1.841.326 del 1920 non è solo conseguenza della guerra: indica un
|
|
andamento che rimarrà costante nel periodo dell'inflazione. Il distacco
|
|
di Vienna dal suo territorio -- dalle sue funzioni originarie -- sarà
|
|
quindi solo sancito definitivamente, e non provocato, dalla schiacciante
|
|
vittoria del partito socialdemocratico alle elezioni del '20. Da questa
|
|
data al 1933 Vienna diviene un vero piccolo stato :nello stato, grazie
|
|
alla sua autonomia di governo regionale all'interno della nuova
|
|
repubblica federale: la città è pronta a divenire il banco di
|
|
sperimentazione della "democrazia socialista" teorizzata
|
|
dall'austromarxismo. -->
|
|
|
|
<!-- Che tale distacco di Vienna dall'Austria rappresentasse per il
|
|
partito socialdemocratico un risultato politico è indubbio. Isolandosi
|
|
dalla campagna e dalle piccole città, Vienna tende a circoscrivere
|
|
l'influenza dei ceti più retrivi e conservatori, assumendosi un ruolo
|
|
egemone, affidato alla partecipazione della classe operaia viennese alla
|
|
costruzione della nuova democrazia. Realpolitik e ideologia si rifersano
|
|
totalmente in tale impresa. -->
|
|
|
|
<!-- Bisognerà "realizzare" una *rote Wien*, una *Vienna rossa*, a costo
|
|
di negare -- sulla base delle condizioni storiche date, sulla base
|
|
dell'assurdo politico ed economico da queste ultime indotte -- la
|
|
funzione specifica della metropoli moderna, a costo di fare
|
|
dell'anacronismo e del carattere parassitario di una capitale che
|
|
concentra in sé un terzo circa della popolazione dell'intero paese, la
|
|
condizione stessa di un'esperienza urbanistica "eccezionale". -->
|
|
|
|
<!-- È questa l'operazione "magica" intrapresa dall'austromarxismo:
|
|
fondare sul salto all'indietro dell'intera organizzazione produttiva le
|
|
basi di una "avanzata" operaia. Revisionismo e strategia di integrazione
|
|
operaia nell'autogestione della produzione e della distribuzione
|
|
sfociano in tale utopia regressiva: esaltando l'autonomia della città
|
|
improduttiva ed esaltando la separazione della classe dal
|
|
rivoluzionamento dei modi di produzione, lotta operaia e sviluppo non
|
|
solo si scollano l'una dall'altro, ma si annullano entrambi almeno nelle
|
|
loro funzioni storiche e materiali. -->
|
|
|
|
<!-- Non a caso il problema primario della Socialdemocrazia viennese
|
|
insiste sulla questione delle abitazioni. La gravità della situazione
|
|
ereditata dall''800 era di sicuro tale da non poter essere
|
|
sottovalutata: le iniziative del primo sindaco cristiano-sociale di
|
|
Vienna, Karl Lüger, erano cadute, dal 1897 in poi, nel vuoto, mentre il
|
|
censimento degli alloggi del 1917 rivela che il 73,1 % dello stock
|
|
edilizio complessivo della città è composto di appartamenti minimi, in
|
|
condizioni igieniche e di affollamento che non hanno nulla da invidiare
|
|
alle più disastrose situazioni residenziali delle tipiche città
|
|
industriali del XIX secolo. (Si noti inoltre che lo stesso censimento
|
|
registra nei sette distretti strettamente operai di Vienna una
|
|
percentuale di tali alloggi, tipologicamente assai vicini alla
|
|
*Mieteasernen* berlinesi, del 90 % sul totale, con una incidenza dei
|
|
fitti sul salario medio operaio del 15--25 %). -->
|
|
|
|
<!-- Puntare sulla eliminazione di tale brutale attacco, tutto
|
|
ottocentesco, alle condizioni di vita della classe operaia, in una
|
|
situazione inflazionistica e contraddittoria, ha evidentemente per il
|
|
partito socialdemocratico non solo un significato politico, ma anche un
|
|
significato specificamente economico. Certo, avviare una politica degli
|
|
alloggi capace di "sanare" le distorsioni ottocentesche vale come
|
|
riaffermazione di una linea di difesa che è tutta nella tradizione del
|
|
partito. Basterebbe ricordare, oltre agli scritti di Bauer, di Brod e di
|
|
Danneberg, i falliti tentativi di far passare, in sede nazionale,
|
|
l'estensione della legge sugli espropri e una serie di provvedimenti per
|
|
la requisizione delle imprese legate all'industria edilizia. Ma
|
|
l'autentico problema politico-economico è il contenimento della
|
|
disoccupazione crescente in una fase di ristagno prevedibilmente
|
|
prolungata. -->
|
|
|
|
<!-- Impedire lo scollamento delle masse dal partito, usare una forza
|
|
lavoro generica e mezzi di produzione arretrati in un massiccio
|
|
intervento gestito dal Comune nel campo edilizio, fare di tale politica
|
|
delle abitazioni intesa contemporaneamente come volano di ripresa
|
|
economica e come affermazione del "diritto alla casa" un'*immagine* del
|
|
"lavoro socialista", sono obbiettivi strettamente allacciati fra loro.
|
|
In tal senso l'esperienza viennese diviene non solo "eccezionale", ma
|
|
anche alternativa rispetto a quella della Socialdemocrazia della
|
|
Repubblica di Weimar che opera, anche a causa dell'inflazione, in
|
|
presenza di forti tendenze verso la riorganizzazione del capitale
|
|
monopolistico e di un rapporto profondamente rivoluzionato tra città e
|
|
territorio produttivo. -->
|
|
|
|
<!-- Giustamente il Gulick osserva che nella storia europea fra le
|
|
guerre non è dato nessun altro caso in cui una questione particolare,
|
|
come quella delle abitazioni, sia stata posta, come in Austria, al
|
|
centro del dibattito politico ed economico: durante la campagna
|
|
elettorale del 1927 -- egli scrive -- circolava una battuta di spirito
|
|
che consigliava di cambiare il nome ufficiale del partito, da quello di
|
|
"partito socialdemocratico operaio", in quello di "partito
|
|
socialdemocratico degli inquilini austriaci". -->
|
|
|
|
<!-- "Per qualche tempo -- prosegue il Gulick -- la protezione degli
|
|
inquilini sembrò essere l'espediente per trasformare il partito degli
|
|
operai nel senso stretto della parola in un partito del popolo". -->
|
|
|
|
<!-- Vista sotto tale ottica, la decisione di puntare decisamente sulla
|
|
soluzione del problema "sociale" più vistoso ereditato dalle gestioni
|
|
ottocentesche ha una sua logica spiegazione. -->
|
|
|
|
<!-- È comunque assai significativo che la gestione socialdemocratica di
|
|
Vienna riprenda puntualmente la scissione fra politica residenziale e
|
|
politica urbana nel suo complesso, prefigurata da Otto Bauer. -->
|
|
|
|
<!-- Nel corso dei due piani quinquennali per l'edilizia comunale,
|
|
pressoché nessuna modificazione viene introdotta nell'assetto della
|
|
city, nella rete delle comunicazioni primarie urbane ed extra urbane,
|
|
nel sistema dei servizi a scala urbana e territoriale. Come notano Bobek
|
|
e Lichtenberger, nel corso della *Spätgrunderzeit* tutta l'attenzione si
|
|
era rivolta alla trasformazione attiva del centro cittadino e delle sue
|
|
attrezzature terziarie, mentre la "questione degli alloggi" era stata
|
|
considerata nel suo aspetto puramente e brutalmente *quantitativo*[^36].
|
|
Lo stesso progetto di Otto Wagner per una Vienna dilatabile
|
|
all'infinito, a carattere metropolitano, pone il tema residenziale sotto
|
|
il segno della più neutra "quantità"[^37]. Il nuovo stock edilizio -- di
|
|
trasformazione o di nuovo impianto -- realizzato nel centro urbano
|
|
viennese nel corso dell'amministrazione socialdemocratica si riduce così
|
|
al 3 % del totale.
|
|
|
|
[^36]: Bobek e Lichtenberger, op. cit.
|
|
|
|
[^37]: Cfr. Otto Wagner, *Die Grosstadt*, Wien 1911. -->
|
|
|
|
<!-- Si può giustificare tale fenomeno con argomenti puramente
|
|
urbanistici -- con l'alto livello qualitativo e quantitativo raggiunto a
|
|
Vienna dagli insediamenti terziari, dalla metà dell'800 al 1914 -- ma si
|
|
perderebbe così la faccia puramente politica dell'operazione. -->
|
|
|
|
<!-- La città capitalistica tardo ottocentesca e del primo '900 è
|
|
considerata dall'austromarxismo solo come persistenza ineliminabile *da
|
|
contestare*. La "nuova Vienna" non sarà una città globalmente investita
|
|
da nuove funzioni che chiamino direttamente in causa la sua
|
|
ristrutturazione generale o le sue relazioni con il territorio, ma sarà
|
|
una sorta di *città-mostra*, una sorta di gigantesca "esposizione" della
|
|
nuova *etica proletaria* arroccata negli alloggi operai. Nessun progetto
|
|
globale di "città alternativa", dunque. Solo la realizzazione parziale
|
|
-- obbligatoriamente parziale -- di un'*epica socialista*, di un'epica
|
|
della "democrazia residenziale" operaia. -->
|
|
|
|
<!-- Abbiamo così tutti gli elementi per leggere tale tipo di programma
|
|
nel quadro della tradizione teorica dell'austromarxismo. Da un lato la
|
|
città -- il regno della Necessità capitalistica --, dall'altro la scelta
|
|
soggettiva dell'etica "liberatoria" del proletariato, organizzata nelle
|
|
uniche zone urbane da esso gestibili direttamente, negli unici frammenti
|
|
di città che esso *vuole* sentire propri: nello spazio, cioè, della
|
|
riproduzione della forza lavoro. Né va sottovalutato che trasformare
|
|
l'alloggio operaio in polemica *presenza* formale, volutamente e
|
|
ostentatamente contrapposta al "negativo", alla città, ha, per tale
|
|
concezione neokantiana del "dover essere" proletario, una ragione in
|
|
gran parte affondata nella tradizione teorica engelsiana. -->
|
|
|
|
<!-- Certo, "risolvere" la questione degli alloggi nell'ambito di una
|
|
gestione tesa alla "rivoluzione lenta" socialdemocratica appare in prima
|
|
istanza antitetico alle drastiche conclusioni che lo stesso Engels aveva
|
|
dato in materia[^38]. Ma qualora si tenga presente il valore formale
|
|
delle roccaforti operaie viennesi realizzate fra il '23 e il '30,
|
|
emergono considerazioni capaci di mutare il quadro storico di
|
|
riferimento. Attribuendo una *qualità* enfaticamente "proletaria" agli
|
|
Höfe viennesi, la Socialdemocrazia tende a ostentare, a dichiarare
|
|
polemicamente alle forze che avevano oggettivamente trascurato -- dal
|
|
punto di vista capitalistico -- il tema della residenza operaia, che
|
|
quella classe operaia stessa non è solo capace di risolvere direttamente
|
|
tale *suo* problema, ma anche di restituire a se stessa un ruolo egemone
|
|
nell'ambito della "nuova democrazia".
|
|
|
|
[^38]: Friedrich Engels, *Zur Wohnungsfrage* (1887), trad. it. *La
|
|
questione delle abitazioni*, Roma, Editori Riuniti, 1971. -->
|
|
|
|
<!-- In tal senso, sebbene parzialmente e in un solo obbligato settore
|
|
di intervento, il proletariato sembra riassumere, a Vienna, il ruolo
|
|
storico ad esso affidato dall'ultimo Engels: di "vendicatore" degli
|
|
abusi sofferti dalle classi popolari oppresse e di forza capace di
|
|
ricongiungere la *qualità del lavoro* alla *qualità umana* dei rapporti
|
|
sociali, in nome di una nuova società di *produttori coscienti*. -->
|
|
|
|
<!-- Ancora una volta le due facce dell'austromarxismo si ricongiungono.
|
|
Realpolitik e affermazione del potenziale etico del proletariato
|
|
procedono abbinati nella gestione socialdemocratica di "Vienna rossa".
|
|
-->
|
|
|
|
<!-- È a questo punto necessario, però, scendere a leggere nei
|
|
particolari i sistemi economici messi in moto dalla politica urbanistica
|
|
della Socialdemocrazia viennese. -->
|
|
|
|
<!-- Va anzitutto notato che la gestione socialista di Vienna si trova,
|
|
fra il °19 e il '25, a poter usare di tre strumenti coordinati fra loro:
|
|
il decreto sulla requisizione degli alloggi, che permette al Consiglio
|
|
municipale di Vienna di assicurarsi il controllo, nel periodo suddetto,
|
|
di 44.838 alloggi (stanze singole escluse), la riforma della legge sulla
|
|
protezione degli inquilini (7 dicembre 1922), promulgata a tempo
|
|
indeterminato, e la risoluzione approvata il 21 settembre 1923, con la
|
|
quale la Municipalità di Vienna programma un piano di costruzioni di
|
|
5000 appartamenti l'anno, pari a 75.000 abitanti in cinque anni. (Ma nel
|
|
1927 il programma viene portato a 30.000 appartamenti; cifra mantenuta
|
|
identica per il quinquennio 1928--1933). -->
|
|
|
|
<!-- Il finanziamento dell'attività edilizia municipale viene attinto
|
|
dalla nuova tassa sulla costruzione dei nuovi alloggi, a carattere
|
|
fortemente progressivo, e in genere dalla nuova politica tributaria del
|
|
Comune: dal 1 febbraio 1923 il rinnovato sistema di tassazione appare
|
|
come una vittoria ottenuta dalla Socialdemocrazia, che realizza così il
|
|
programma tributario formulato nel '21 da Danneberg e completa la
|
|
riforma della legge per la protezione degli inquilini. In tal modo, nel
|
|
1929 circa 600.000 alloggi e locali risultano soggetti alla tassa, con
|
|
un introito capace di coprire il 40 % delle spese; il restante 60 %
|
|
viene integrato da una tassa speciale e proporzionale per l'assistenza.
|
|
I finanziamenti vengono gestiti da imprese edilizie in tutto o in parte
|
|
di proprietà municipale; l'esigenza di una produzione di singoli
|
|
elementi standardizzati e di mobili moderni, capace di sostituire le
|
|
anacronistiche Wiener Werkstätten e di adeguarsi alle nuove tipologie
|
|
residenziali, viene soddisfatta mediante la creazione di apposite
|
|
cooperative di produzione, che sfruttano il legname dei boschi
|
|
circostanti la città, localizzando i centri produttivi nella corona
|
|
periferica. -->
|
|
|
|
<!-- Dal 1926 al 1933 le percentuali degli investimenti edilizi
|
|
sull'investimento totale del Comune di Vienna oscilla tra il 70 % e il
|
|
91 %, con punte massime negli anni 1926 (80,9 %) e 1932 (91,7 %): alla
|
|
fine del 1933 la città amministra complessivamente 66.270 alloggi e 3607
|
|
locali adibiti a negozi, ci- fra pari all'11 % dello stock edilizio
|
|
complessivo, ammontante, secondo il censimento del 1934, a 613.436
|
|
abitazioni[^39].
|
|
|
|
[^39]: Gli alloggi comunali vengono assegnati in affitto dall'Ufficio
|
|
alloggi del Comune sulla base di un sistema di punteggio introdotto
|
|
nel 1922: la cittadinanza austriaca viene valutata 1 punto, la
|
|
residenza a Vienna fin dalla nascita 4 punti, ogni figlio al di
|
|
sotto dei 14 anni 1 punto, ogni figlio al di sopra dei 14 anni 2
|
|
punti, la gravidanza dopo il sesto mese 1 punto, il subaffitto 2
|
|
punti, gravi infermità 5 punti, alloggi troppo piccoli rispetto al
|
|
numero degli abitanti 5 punti, sfratto notificato e ammesso dalla
|
|
legge, senza colpa dell'inquilino, 5 punti. I richiedenti con più di
|
|
10 punti vengono inclusi nella prima categoria; tra essi vengono
|
|
scelti i casi di emergenza cui è necessario attribuire l'alloggio il
|
|
più presto possibile. Le persone con 5--9 punti vengono incluse
|
|
nella seconda categoria. -->
|
|
|
|
<!-- Va inoltre osservato che la politica di reperimento delle aree
|
|
residenziali si innesta -- con segno cambiato -- su quella delle
|
|
amministrazioni anteguerra. -->
|
|
|
|
<!-- Alla fine del 1918, infatti, il Comune di Vienna, grazie ad una
|
|
costante operazione di acquisto di terreni, si trova a controllare 4690
|
|
ettari, pari al 17 % circa dell'area urbana. -->
|
|
|
|
<!-- È chiaro comunque che se per il Comune a maggioranza
|
|
cristiano-sociale tale politica urbanistica serviva a restringere il
|
|
mercato dei terreni, contribuendo a un innalzamento dei fitti, per
|
|
l'amministrazione socialdemocratica si tratta ora di gestire socialmente
|
|
tale eredità. -->
|
|
|
|
<!-- La priorità data a investimenti relativi a un bene di consumo
|
|
tipico come la casa va comunque valutata nel suo carattere di scelta
|
|
globale compiuta dalla gestione socialista. Dopo quanto si è detto non
|
|
possono, crediamo, esistere dubbi sulle finalità politiche propostesi da
|
|
quest'ultima: il contenimento della disoccupazione, il programma di
|
|
alleanza sistematica tra classe operaia e ceti medi, il legame fra
|
|
"popolo" e partito socialdemocratico sono indubbiamente obbiettivi
|
|
raggiunti dalla combattiva difesa, da quest'ultimo fatta, della
|
|
"giustizia ridistributiva" a livello residenziale. A malapena però il
|
|
partito riusciva a rispondere alle obiezioni degli economisti borghesi,
|
|
che osservavano come la protezione degli inquilini comportasse un
|
|
pericolo di "pietrificazione" per l'economia e una minaccia per la
|
|
mobilità della forza lavoro. Fino a quando le leggi di requisizione
|
|
rimangono in vigore la mobilità operaia è assicurata dal facilitato
|
|
scambio degli alloggi. Ma dopo il 1925 tale possibilità viene a cadere,
|
|
tanto da rendere inefficace persino il sistema di attribuzione in
|
|
affitto delle case direttamente finanziate dal Comune[^40], mentre
|
|
permane il fenomeno del subaffitto, malgrado l'elevata quantità di
|
|
abitazioni immessa dalla municipalità nel mercato. In altre parole, la
|
|
politica edilizia inaugurata nel 1923, venuto a mancare il supporto
|
|
delle leggi di requisizione, tende ad annullare uno dei principali
|
|
obbiettivi del piano stesso.
|
|
|
|
[^40]: Riportiamo uno specchietto relativo al mercato degli alloggi a
|
|
Vienna tra il 1925 e il 1929:
|
|
|
|
1925 1926 1927 1928 1929
|
|
-------------------------------------- ------ ------ ----- ----- -----
|
|
affittati scambiati con subaffittuari 9313 8379 6562 5680 5737
|
|
successivamente affittuari 11089 4091 2186 1489 540
|
|
subaffittuari 2774 2012 690 403 348
|
|
totali 23176 14482 9438 7572 6625
|
|
|
|
-->
|
|
|
|
<!-- Ma oltre a tali fenomeni va notato che la legge di protezione degli
|
|
inquilini viene ad avere due effetti complementari sull'economia
|
|
nazionale nel suo complesso: -->
|
|
|
|
<!-- (a) riduce la massa dei crediti circolanti in Austria,
|
|
precedentemente legati alla speculazione edilizia: lo stesso Otto Bauer,
|
|
subito citato per intero nel giornale dell'associazione industriali,
|
|
"Die Industrie", parlerà della crisi economica austriaca come "crisi di
|
|
credito"[^41];
|
|
|
|
[^41]: "È certo -- scrive il Gulick (op. cit.) -- che esisteva una
|
|
connessione intima tra la riduzione del volume dei crediti e la
|
|
protezione degli inquilini.Il problema era, tuttavia, quello di
|
|
valutare la portata quantitativa di questa influenza. A questo
|
|
proposito vale la pena di rifarsi alla dichiarazione di Gustav
|
|
Stolper, uno dei più noti studiosi dell'economia austriaca. Egli
|
|
stabilì esattamente l'importanza del capitale investito in case in
|
|
seguito all'apporto di credito, estero e nazionale, scrivendo che,
|
|
per quello che riguardava il capitale straniero, "noi possiamo
|
|
soltanto sorridere (...). L'industria tedesca aveva potuto ottenere
|
|
crediti ma non abbiamo sentito parlare molto di crediti sulle case
|
|
di Berlino (...). Se, quindi, alcuni campioni della lotta contro la
|
|
protezione inquilini giungono fino al punto di presentare una
|
|
proposta di tassi di interesse più bassi come conseguenza di affitti
|
|
più alti, allora ci troviamo di fronte ad un fatto ridicolo e
|
|
puerile che può essere preso sul serio soltanto in un paese dove i
|
|
leaders politici, quasi senza eccezione, non capiscono niente di
|
|
economia".
|
|
|
|
Va notato che Stolper -- nell'appoggiare l'operazione economica
|
|
intrapresa dal Comune di Vienna -- giungerà a chiamare gli Höfe
|
|
socialisti "il patrimonio economico nazionale che fa da barriera al
|
|
deprezzamento delle case private". -->
|
|
|
|
<!-- (b) contribuisce a mantenere contemporaneamente il salario reale
|
|
operaio a un livello fra i più bassi del mondo: una graduatoria
|
|
stabilita nel 1924 dall'Ufficio Internazionale del Lavoro pone Vienna al
|
|
penultimo posto fra le 16 città più grandi del mondo; nel 1928 una
|
|
seconda graduatoria -- stabilita però su 18 città campione -- le assegna
|
|
il terz'ultimo posto insieme a Varsavia e Roma (indice di Filadelfia =
|
|
180; indice di Vienna = 42). -->
|
|
|
|
<!-- Combinando insieme tali due effetti si può ottenere un quadro non
|
|
mitico né moralistico delle conseguenze materiali della politica
|
|
socialdemocratica. -->
|
|
|
|
<!-- Giustamente il Gulick osserva che "l'abolizione della protezione
|
|
degli inquilini avrebbe portato ad un inevitabile aumento dei salari,
|
|
probabilmene ad un aumento maggiore di quello che sarebbe stato
|
|
l'ammontare dei fitti; a causa della pressione dei lavoratori"[^42]. Ma
|
|
non sono tanto l'aumento del costo della vita o la rottura tra
|
|
Socialdemocrazia e ceti medi le conseguenze che qui ci interessa
|
|
valutare. La politica residenziale socialista, combinata con il
|
|
contenimento artificiale dei salari operai, permette all'industria
|
|
austriaca di mantenere un basso livello di consumi interni -- compensato
|
|
politicamente dal "consumo sociale" del bene casa -- e una posizione
|
|
almeno competitiva sul mercato mondiale delle esportazioni. Condizione,
|
|
questa, del resto essenziale per il capitale austriaco, dato che il
|
|
basso livello di industrializzazione del paese, la scarsa presenza in
|
|
loco di materie prime e la carente attrezzatura tecnologica
|
|
difficilmente avrebbero permesso una presenza austriaca nel mercato
|
|
internazionale in assenza del premio di esportazione indirettamente
|
|
ottenuto dalla legge di protezione inquilini[^43].
|
|
|
|
[^42]: Ch. A. Gulick, op. cit.
|
|
|
|
[^43]: Si noti che tale politica economica basata sul contenimento del
|
|
salario reale operaio è esplicitamente ammessa dalle pubblicazioni
|
|
ufficiali del partito socialdemocratico. Cfr. *Die Wohnungspolitik
|
|
der Gemeinde Wien*, Wien 1926, 1929^2, in particolare alla p. 56 ss.
|
|
-->
|
|
|
|
<!-- Le connessioni fra il livello ideologico e il livello economico
|
|
dell'operazione austromarxista ci sembra stiano in tal modo venendo alla
|
|
luce. Mentre lo sviluppo dell'attività edilizia comunale funge da argine
|
|
politico nei confronti di una disoccupazione potenziale nel ramo più
|
|
vasto della forza lavoro austriaca concentrata in Vienna -- gli operai
|
|
edili erano da sempre stati in Austria, a parte i contadini, lo strato
|
|
di classe più numeroso -- il partito socialdemoctratico contribuisce ad
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assicurare al capitale industriale condizioni di competitività
|
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internazionale attraverso il controllo del salario reale: solo sotto
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tale luce può essere correttamente letta la combattività più che intensa
|
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con cui il partito difende a Viennae in Parlamento la propria politica,
|
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diretta a separare dal capitale "produttivo", imprenditoriale, quello
|
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"parassitario", improduttivo, arroccato nella difesa di privilegi
|
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feudali, quali la rendita fondiaria urbana[^44].
|
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|
[^44]: La storia relativa alle lotte parlamentari su tale tema è
|
|
minuziosamente seguita nel vol. cit. del Gulick, ai capitoli: "La
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lotta contro la protezione inquilini e l'edilizia municipale. Prima
|
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fase 1922--23" e "Seconda fase: lotte parlamentari". -->
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<!-- Il che può essere completato da ulteriori considerazioni. La scelta
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economica socialdemocratica può essere letta in altro modo, partendo da
|
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ciò che il partito non fa piuttosto che da ciò che esso realizza.
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L'investimento massiccio nell'edilizia, infatti, in una situazione di
|
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sottoconsumo e di scarsezza di investimenti come l'Austria post-bellica,
|
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e in una città come Vienna, in diminuzione demografica, è tutt'altro che
|
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una scelta obbligata. Fatti salvi i provvedimenti di requisizione e
|
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ridistribuzione del patrimonio edilizio esistente, nessun altro
|
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argomento che non fosse estraneo alla più fumosa etica socialdemocratica
|
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esisteva perché le capacità imprenditoriali del Comune di Vienna, con
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tutto il peso da esso rivestito nei confronti dell'intero paese, non si
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riversassero in un programma di investimenti capace di fare i conti con
|
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gli aumenti dei salari reali e le accresciute conseguenti richieste di
|
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consumi interni. Capace, in sostanza, di accettare la combattività
|
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operaia come elemento di sviluppo economico e di riconoscere lucidamente
|
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il ruolo dell'amministrazione "rossa" come acceleratore potenziale di
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una dinamica capitalistica. (E sia pure nell'ambito dell'ideologia di un
|
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capitale democratico e programmato). -->
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<!-- È qui che la politica economica della Socialdemocrazia austriaca
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diviene suicida. All'idealismo di fondo si unisce in essa una
|
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irresistibile vocazione a *salvaguardare nei fatti un'economia
|
|
capitalistica essenzialmente "statica"*. -->
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<!-- Nessuna ragione politica contingente può essere infatti invocata
|
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per giustificare il circolo "virtuoso" stabilito fra il mantenimento del
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capitale variabile a livelli minimi -- realizzando così la profezia di
|
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Engels[^45] -- e il premio di esportazione "nascosto" concesso al
|
|
capitale industriale. La casa come bene sociale funge infatti nella
|
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"Vienna rossa" come contropartita di una politica di appoggio
|
|
all'industria di esportazione, nell'ambito di un programma -- anche
|
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economicamente miope -- di equilibrio fra interessi della classe operaia
|
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(contenimento della disoccupaizone, politica residenziale), interessi
|
|
del capitale "attivo" e interessi della piccola borghesia impoverita
|
|
dall'inflazione. La prospettiva rimane quella di un arroccamento del
|
|
partito come difensore della costituzione democratica, nell'illusione --
|
|
duramente pagata -- di raggiungere, tramite tale "politica di alleanze",
|
|
la maggioranza in Parlamento.
|
|
|
|
[^45]: Engels, in *Zur Wohnungsfrage* cit., riteneva impossibile una
|
|
"soluzione" del problema degli alloggi come provvedimento
|
|
settoriale, anche in considerazione di un riassorbimento, nel più
|
|
basso prezzo di mercato della forza lavoro, dei vantaggi conseguiti:
|
|
egli ragiona quindi mettendo fra parentesi la lotta operaia. A
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|
Vienna il partito socialdemocratico adotta in pieno tale
|
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ragionamento, gestendo in proprio il controllo dei movimenti di
|
|
classe e facendo pagare il costo di tale contenimento -- scambiato
|
|
con un'offerta di case -- al capitale "improduttivo" proprietario di
|
|
case e terreni. -->
|
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|
|
<!-- Di fronte al compromesso economico socialista non si può dire che
|
|
esistesse in Austria un lucido piano di parte capitalista. Non solo le
|
|
associazioni dei proprietari di appartamenti formeranno una delle
|
|
tendenze più estremiste dello *Heimwehr*, da loro ampiamente
|
|
sovvenzionato, ma l'intera battaglia parlamentare dei partiti
|
|
conservatori contro la protezione degli inquilini e per la
|
|
liberalizzazione dell'edilizia risulta condotta al di fuori di una
|
|
logica capace di prescindere da contingenti calcoli politici, per
|
|
toccare direttamente il tema dello sviluppo economico complessivo. -->
|
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|
|
<!-- # 3. Il dibattito sui modelli di intervento -->
|
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|
|
<!-- In un volume di Leopold Bauer, Oberbaurat e professore
|
|
all'Accademia di Vienna, pubblicato nel 1919, viene tracciato un
|
|
programma chiaramente alternativo rispetto a quello di Otto Bauer[^46].
|
|
In esso, all'attacco contro i programmi di socializzazione sferrato in
|
|
nome della produttività della forza lavoro, si unisce un generico piano
|
|
di riforma del regime di proprietà dei suoli. Leopold Bauer propone
|
|
quindi un sistema di tassazione sul terreno edificabile e leggi di
|
|
esproprio generalizzate che assicurino, anche in un sistema di proprietà
|
|
privata dei suoli, la libera disponibilità delle aree per una radicale
|
|
ristrutturazione urbana: il modello da lui elaborato -- tutto interno
|
|
alla tradizione ottocentesca della teoria urbanistica tedesca -- si basa
|
|
sul decentramento combinato di industrie e residenze in sistemi
|
|
integrati e autosufficienti, che nel caso di Vienna avrebbero dovuto
|
|
incunearsi, sotto forma di Siedlungen a bassissima densità edilizia, nei
|
|
boschi circostanti la città[^47].
|
|
|
|
[^46]: Leopold Bauer, *Gesund wohnen und freudig arbeiten. Probleme
|
|
unserer Zeit*, Wien, Kunstverlag Anton Schroll und Co., 1919.
|
|
Leopold Bauer (1872--1938) era stato allievo della Wagnerschule,
|
|
aveva vinto il primo premio nel concorso mondiale bandito da A. Koch
|
|
a Darmstadt per la "casa di un amatore d'arte" e aveva realizzato
|
|
una serie di notevoli opere architettoniche fra cui la Banca
|
|
nazionale austriaca a Vienna (1913--16). Collaborerà in seguito alla
|
|
realizzazione del piano edilizio viennese, con lo Speiserhof (1929)
|
|
e con il blocco sulla Wurzbachergasse (1926) (cfr. O. Uhl, *Moderne
|
|
Architektur in Wien*, Wien 1966, passim). Già il titolo della sua
|
|
pubblicazione del 1919 -- *Abitare in modo sano e lavorare con
|
|
gioia* -- è sintomatico: il suo merito è nello schierarsi con
|
|
chiarezza, senza remore e moralismi, dalla parte del capitalismo,
|
|
letto come apportatore di civiltà e "capace di sfruttare al massimo
|
|
la produttività del lavoro umano".
|
|
|
|
[^47]: Cfr. L. Bauer, op. cit., pp. 25--29 e il successivo capitolo sui
|
|
"Problemi estetici dell'urbanistica", in cui l'autore si rifà
|
|
esplicitamente alle teorie di Camillo Sitte. -->
|
|
|
|
<!-- Ma anch'egli, giunto di fronte al problema di definire il ruolo
|
|
specifico dell'economia edilizia, non sa far altro che appellarsi alla
|
|
"ricchezza" costituita dalle capacità produttive della forza lavoro, non
|
|
senza accenni a teorie consumistiche e ad appelli dichiaratamente
|
|
prefascisti[^48]. È invece significativo che Leopold Bauer contrapponga
|
|
-- come Loos, e più tardi Josef Frank[^49] -- l'ideologia della casa
|
|
operaia a bassa densità e giardino annesso per l'autoconsumo agricolo,
|
|
al modello collettivistico difeso dai programmi socialdemocratici.
|
|
|
|
[^48]: Ibidem.
|
|
|
|
[^49]: Cfr. Josef Frank, *Der Volkswohnungspalast*, in "Der Aufbau" 7,
|
|
1926, p. 107 ss. Ma cfr. anche i molti articoli in "Der Aufbau"
|
|
sulla tematica della Siedlung e sulla sua storia. -->
|
|
|
|
<!-- Può quindi essere motivo di sorpresa constatare come la formazione
|
|
del primo piano quinquennale di edilizia comunale viennese venga
|
|
formulato dopo un episodio di lotta operaia per la casa guidata da Adolf
|
|
Loos, in genere dimenticato dagli storici che si sono occupati del
|
|
nostro tema. Nel 1920 un gruppo di operai occupa l'ex parco imperiale di
|
|
Lainz, utilizzando il legname, ricavato dall'abbattimento degli alberi,
|
|
per procurarsi i capitali necessari alla costruzione di un quartiere
|
|
appositamente progettato da Loos: né potrà meravigliare tale exploit
|
|
politico dell'architetto della villa Steiner e della casa sulla
|
|
Michaelerplatz, qualora si consideri quanta parte l'eccitazione
|
|
populista abbia avuto nell'ideologia degli intellettuali radicali
|
|
tedeschi e austriaci, fra il '18 e il '22, nel loro sforzo di recuperare
|
|
una funzione specifica nelle mutate condizioni sociali[^50].
|
|
|
|
[^50]: Cfr. A. S. Levetus, *Solving the Vienna Housing Problem*, in "The
|
|
Studio" 431, 1929, p. 116 ss. Può essere interessante ricordare che
|
|
Loos, subito dopo la fine della guerra, è pronto a invocare --
|
|
insieme a Schönberg -- un intervento diretto dello Stato nelle
|
|
questioni artistiche, secondo un programma non lontano da quelli
|
|
dell'*Arbeitsrat für Kunst* e della *Novembergruppe* tedeschi. È
|
|
proprio tale progetto di un "Ufficio d'arte" che scandalizza
|
|
Wittgenstein, che dice di aver provato "orrore e disgusto" per
|
|
"l'aria da intellettuale snob" assunta da Loos dopo il '19. Cfr.
|
|
Adolf Loos, *Der Staat und die Kunst*, prefazione a *Richtlinien für
|
|
ein Kunstamt*, in "Der Friede" 62, 1919, ora in A. Loos, *Sämtliche
|
|
Schriften*, vol. 1, Wien 1962, pp. 352--354. La lettera di
|
|
Wittgenstein a Paul Engelmann, sopra citata, è in *Letters from
|
|
Ludwig Witigenstein. With a Memoir*, Oxford, Basil Blackwell, 1970,
|
|
trad. it., Firenze, La Nuova Italia, 1970 (lettera 21, del 2
|
|
settembre 1919, pp. 12--13). -->
|
|
|
|
<!-- La risposta del partito socialdemocratico a tale pericoloso indizio
|
|
di scollamento dalle masse non si fa attendere. Il quartiere di Lainz
|
|
non verrà realizzato, ma nello stesso 1920 Loos viene assunto come
|
|
architetto capo del settore delle abitazioni del Comune di Vienna, nel
|
|
1921 si dà avvio alla costruzione di una serie di Siedlungen di limitata
|
|
dimensione[^51], nel 1923 viene votato il varo del primo piano
|
|
quinquennale. Tale equivoco avvio, in presenza, come si è visto, di
|
|
precise impostazioni ideologiche ed economiche, ma in assenza, ancora,
|
|
di una loro traduzione in precisati modelli di intervento urbanistico,
|
|
dà origine a un conflitto risoltosi, proprio nel '23, con la sconfitta
|
|
dell'ideologia della Siedlung e la vittoria del modello dello Hof, del
|
|
superblocco attrezzato: ragione sufficiente, per le opposizioni
|
|
cristiano-sociali, di ergersi in difesa delle teorie di Leopol Bauer,
|
|
Frank e Loos.
|
|
|
|
[^51]: Gli alloggi costruiti dal Comune di Vienna in Siedlungen formate
|
|
da piccoli villini costituiscono circa il 9% dello stock complessivo
|
|
delle nuove abitazioni. In un primo momento il Comune mette lotti di
|
|
terreno a disposizione di cooperative organizzate tra i lavoratori
|
|
dei servizi pubblici, anticipando l'85 % delle spese di costruzione
|
|
e accettando garanzie ipotecarie. Il restante 15 % viene coperto dal
|
|
lavoro materiale dei futuri inquilini.
|
|
|
|
Più tardi il Comune decide di finanziare completamente tale tipo di
|
|
costruzione e fonda la Gesiba, società che riceve l'incarico di
|
|
costruire e amministrare i villini destinati anche a ceti abbienti,
|
|
grandi in generale sui 62 metri quadrati in due piani. Dal 1928 in
|
|
poi la superficie per villino scende a 45 m^2., per renderla pari a
|
|
quella delle abitazioni comunali organizzate in Höfe. -->
|
|
|
|
<!-- I primi due piani quinquennali elaborati dalla Municipalità di
|
|
Vienna hanno come effetto immediato l'annullamento dell'intervento
|
|
privato nell'edilizia di massa: l'unica possibilità rimasta aperta al
|
|
capitale privato è la costruzione di case o ville di proprietà. Ma
|
|
accanto a tale tipo di intervento -- divenuto del tutto trascurabile
|
|
dopo il '19 -- va registrato un sintomatico fenomeno che entra in
|
|
diretta competizione con la politica dello Hof. Già nel 1910 era stato
|
|
creato un feudo destinato al Bund, Lega per la costruzione di case
|
|
unifamiliari a bassa densità. Attraverso le leggi del 1919 e del 1921
|
|
tale fondo viene trasformato dal Bund in uno stanziamento finalizzato a
|
|
indirizzare in forme societarie e cooperativistiche la tendenza,
|
|
estremamente pressante, alla realizzazione di Siedlungen periferiche:
|
|
alle 5.917 abitazioni organizzate dal Comune di Vienna sotto forma di
|
|
Siedlungen vanno quindi aggiunte le 4.500 similmente realizzate dal Bund
|
|
fra le due guerre. -->
|
|
|
|
<!-- Ma la creazione di un vero e proprio conflitto fra le forme di
|
|
insediamento residenziale gestite dal Comune con la realizzazione degli
|
|
Höfe e la tipologia urbanistica della Siedlung diviene particolarmente
|
|
evidente qualora si consideri l'estensione dell'edilizia periferica in
|
|
zone esterne all'agglomerato urbano, come quelle di Perchtolsdorf, di
|
|
Klosternenburg, di Marchfeld. -->
|
|
|
|
<!-- Come hanno giustamente osservato Bobek e Lichtenberger, la piccola
|
|
borghesia e vasti ceti popolari, agendo al di fuori dell'iniziativa
|
|
comunale, iniziano la disorganizzata invasione degli spazi periferici
|
|
mediante il fenomeno, tipico delle città anglosassoni, dell'allineamento
|
|
di casette unifamiliari casualmente insediate, al di fuori di ogni
|
|
struttura complessiva e di una adeguata attrezzatura di servizi. È qui
|
|
che, anche all'interno della logica socialdemocratica, si rivelano le
|
|
aporie della gestione urbana della "rote Wien". Da un lato i monumenti
|
|
proletari, gli Höfe, localizzati nelle "zone bianche" lasciate
|
|
disponibili dalla speculazione ottocentesca, ai bordi del nucleo urbano;
|
|
dall'altro un azzonamento estensivo, casuale e provvisorio di Siedlungen
|
|
unifamiliari, a sviluppo incontrollato, e realizzate in proprio dagli
|
|
stessi ceti cui si indirizza la politica residenziale del Comune[^52].
|
|
|
|
[^52]: Cfr. H. Bobek e E. Lichtenberger, op. cit., e *Die
|
|
Wohnungspolitik der Gemeinde Wien* cit., p. 27 ss. -->
|
|
|
|
<!-- Il dualismo economico e urbanistico è certo conseguenza diretta del
|
|
rifiuto austromarxista di una gestione complessiva del fenomeno urbano:
|
|
del rifiuto, in sostanza, di leggere quel fenomeno al di fuori
|
|
dell'esaltazione ideologica. Ma quello stesso dualismo corrisponde anche
|
|
a una polemica e a un dibattito culturale. L'operazione condotta nel
|
|
1920 da Loos per la zona di Lainz, ora ricordata, e la sua assunzione
|
|
come architetto capo del settore residenziale del Comune di Vienna si
|
|
inseriscono nel tentativo di create un'alternativa globale a quella che
|
|
sarà, dal '23 in poi, la linea generale della politica municipale delle
|
|
abitazioni. La Siedlung contro lo Hof: Loos e Frank contro Behrens e
|
|
Karl Ehn. Per Loos -- e per i sostenitori dello sviluppo urbano per
|
|
Siedlungen a bassa densità -- non si tratta tanto di aderire ai modelli
|
|
che parallelamente vengono elaborati da Haesler e Taut in Germania, ma
|
|
di estendere ai ceti popolari, nelle nuove condizioni sociali, i
|
|
privilegi che nell'anteguerra lo stesso Loos aveva assegnato a una
|
|
committenza talmente *di qualità* da saper accettare quella suprema
|
|
"qualità architettonica" che è la "negazione della forma" realizzata
|
|
dalle ville loosiane tra il 1898 e il 1914. -->
|
|
|
|
<!-- Josef Frank, come molti degli intervenuti al Congresso
|
|
Internazionale di Architettura tenuto a Vienna nel 1926, sono espliciti
|
|
nella loro critica, tutta architettonica, alla politica degli Höfe[^53]:
|
|
nello stesso '26 Loos, che aveva realizzato parzialmente la Siedlung am
|
|
Heuberg, tiene a Stoccarda la sua conferenza *Die moderne Siedlung*,
|
|
dove l'individualità delle singole cellule e l'autosufficienza economica
|
|
per il sostentamento familiare vengono sostenute nell'ambito di una
|
|
lettura dell'economia urbana di stupefacente ingenuità, anche se in più
|
|
punti collimante con le tesi avanzate sette anni prima da Leopold
|
|
Bauer[^54].
|
|
|
|
[^53]: Cfr. fra l'altro *Der Karl-Marx-Hof. Die Wohnhausanlage der
|
|
Gemeinde Wien auf der Hagenweise in Heiligenstadt*, Wien 1930. I
|
|
resoconti del congresso del '26 sono in *Das Bodenproblem und seine
|
|
Beziehungen zur Stadt- und Landesplanung. Auszüge aus den Referaten
|
|
am internationalen Wohnungs- und Städtebaukongress*, in "Der Aufbau"
|
|
10, 1926, p. 186 ss. Si veda anche il catalogo *Internationale
|
|
Städtebau Ausstellung*, Wien 1926.
|
|
|
|
[^54]: Adolf Loos, *Die moderne Siedlung* (1926), ora in *Sämtliche
|
|
Schriften* cit., vol. I, pp. 402--408. Vedi anche L. Munz e G.
|
|
Künstler, *Der Architekt Adolf Loos*, Wien-München, Verlag Anton
|
|
Schroll, 1964, p. 145 ss. Loos critica esplicitamente i modelli
|
|
distributivi degli Höfe viennesi e delle tipologie tedesche, come il
|
|
soggiorno-pranzo passante, mentre sembra aver assorbito parte delle
|
|
teorie wrightiane là dove consiglia l'uso generalizzato di divisioni
|
|
mobili o dove afferma l'infinita trasformabilità della casa. Si noti
|
|
però che in alcune ricerche del 1923 lo stesso Loos era ricorso a
|
|
ben differenti tipologie, come quella della casa a gradoni, vicine a
|
|
quelle studiate da Behrens. Cfr. anche H. J. Zechlin, *Siedlungen
|
|
von Adolf Loos und Leopold Fischer*, in "Wasmuths Monatshefte für
|
|
Baukunst" XIII, 1929, pp. 70--78. -->
|
|
|
|
<!-- La concentrazione di masse notevoli di popolazione in complessi
|
|
attrezzati, nei quali però la parte costruita corrisponda a meno del 50
|
|
% della superficie del lotto, con ampi spazi liberi nelle corti interne
|
|
o negli spazi abbracciati dall'articolazione del superblocco, risulta
|
|
quindi vincente dal '22 circa in poi. -->
|
|
|
|
<!-- Lo Hof, il superblocco residenziale, corrisponde infatti alla
|
|
logica dell'operazione economica innescata, e va valutato in tale
|
|
quadro. -->
|
|
|
|
<!-- Il programma quinquennale del '23 richiede comunque una
|
|
riorganizzazione degli uffici comunali preposti all'edilizia sociale e
|
|
di relazioni precise con gli architetti liberi professionisti. Sotto
|
|
l'amministrazione di Karl Seitz viene appositamente strutturata una
|
|
sezione di architettura municipale, guidata da Hugo Breitner, Franz
|
|
Siegel e Anton Weber: attraverso di essa il Comune guida, attraverso i
|
|
propri progettisti -- da Josef Bittner a Karl Ehn --, le realizzazioni
|
|
del piano e cura i rapporti con gli architetti privati; nel 1926, 118
|
|
architetti si trovano impegnati nella progettazione degli Höfe
|
|
viennesi[^55].
|
|
|
|
[^55]: Cfr. Josef Bittner, *Neubauten der Stadt Wien*, I. Band, *Die
|
|
Wohnungsbauten*, Wien-Leipzig-New York, Verlag Gerlach und Wiedling,
|
|
1926. -->
|
|
|
|
<!-- Dovremo quindi prendere in esame tre temi fondamentali: -->
|
|
|
|
<!-- (a) le relazioni fra l'organizzazione interna del modello dello Höf
|
|
(anche nel suo variare nel tempo o secondo le tendenze) e la sua
|
|
localizzazione nello spazio urbano; -->
|
|
|
|
<!-- (b) le relazioni fra l'impresa viennese e la gestione urbana da
|
|
parte dei comuni socialdemocratici della Germania di Weimar; -->
|
|
|
|
<!-- (c) le relazioni fra l'impostazione produttiva e ideologica di quel
|
|
modello e le soluzioni offerte a livello architettonico. -->
|
|
|
|
<!-- La localizzazione degli Höfe costituisce il tema in cui convergono
|
|
l'ideologia e la prassi economica dell'austromarxismo. In buona parte, i
|
|
complessi del Comune socialdemocratico sorgono su terreni assicurati
|
|
alla municipalità, come si è visto, da parte delle amministrazioni
|
|
cristiano-sociali operanti nell'anteguerra: tale scelta impegna
|
|
evidentemente il Comune di Vienna a confermare la frammentazione degli
|
|
interventi pregiudicata dalla politica urbanistica del partito ora
|
|
all'opposizione, e implica il crollo di ogni velleità di impostazione di
|
|
una organizzazione urbana complessivamente "diversa". La *diversità* non
|
|
dovrà risiedere nel corpo urbano in sé, ma nella gestione delle sue
|
|
parti. Il modello dello Hof non implica neanche come tendenza una
|
|
ipotesi radicale di nuova organizzazione: al contrario, esso si
|
|
inserisce volutamente nella maglia della città esistente, dominata dal
|
|
piano regolatore del 1893, accettandone tutti i vincoli e i bilanci
|
|
passivi. -->
|
|
|
|
<!-- Anzi, tale fedeltà alle leggi di crescita della città ottocentesca,
|
|
limitatamente al settore residenziale, diviene addirittura
|
|
programmatica. In fondo, gli Höfe del Comune socialdemocratico ereditano
|
|
la forma complessiva della Mietkaserne operaia del XIX secolo,
|
|
trasformandola in senso qualitativo e dotandola -- coerentemente ai
|
|
primi programmi di Otto Bauer -- di servizi accentrati e collettivi, in
|
|
una misura tale da apparire come una risposta parziale alla riduzione
|
|
del tema residenziale a puro parametro quantitativo, operata nella città
|
|
speculativa dell'800. L'accentramento di alloggi a basso costo in
|
|
complessi unitari di grandi dimensioni -- dai 1587 abitanti del Sand
|
|
Leiten realizzato nel 1923, si passa nel 1927 ai 5.000 abitanti in 1400
|
|
appartamenti del Karl-Marx-Hof, con una media di 200/400 abitanti a
|
|
complesso -- corrisponde in buona parte alla scelta urbanistica iniziale
|
|
e al condizionato reperimento delle aree. Ma corrisponde anche a una
|
|
concentrazione di forza lavoro in cantieri unitari a bassissimo
|
|
coefficiente tecnologico; esattamente la condizione che verrà sfruttata
|
|
al massimo dagli architetti, a livello espressivo. -->
|
|
|
|
<!-- Visto in tal modo, il campeggiare degli Höfe nella fascia
|
|
periferica suburbana di Vienna non può non assumere un valore simbolico.
|
|
Ed è certo che il senso di tale comunione fra realismo urbanistico e
|
|
volontà simboliche non è sfuggito ai tecnici socialisti: tanto che in
|
|
qualche modo le realizzazioni viennesi, volutamente configurate come
|
|
"monumenti proletari", costituiscono una risposta polemica al piano
|
|
leninista di propaganda monumentale[^56]: si noti con quanta cura
|
|
l'amministrazione di Vienna fa risaltare in ogni complesso le didascalie
|
|
in cui appaiono, oltre alla data di costruzione e il riferimento al
|
|
programma complessivo, il nome del complesso stesso, dedicato sempre a
|
|
personalità della tradizione socialista. Così, la "presenza" della
|
|
tradizione socialista nella città non è più affidata, a Vienna, al puro
|
|
livello ideologico, come nel piano monumentale sovietico. Ora il
|
|
"monumento socialista" è l'abitazione operaia, modello di attrezzatura
|
|
residenziale completa: la sua eloquenza dovrà entrare a far parte del
|
|
programma edilizio.
|
|
|
|
[^56]: Cfr. A. Michajlov, *Leninsky Plan Monumental'noj Propagandy i
|
|
Architektura* [Il Piano leninista di Propaganda monumentale e
|
|
l'architettura], in "Architektura SSSR" 4, 1968, pp. 2--15. -->
|
|
|
|
<!-- In tal senso, la distribuzione disomogenea e in forma di cintura
|
|
discontinua degli Höfe, fra il centro ottocentesco e le espansioni
|
|
suburbane, è funzionale agli obbiettivi simbolici propostisi; così come
|
|
ad essi funzionale è la forma stessa del superblocco, al cui interno
|
|
solamente vengono dislocati i servizi collettivi -- asili, scuole,
|
|
lavanderie e cucine collettive, laboratori artigiani, spazi verdi, ecc.
|
|
-- in un palese sforzo di separazione dello Hof dalla città circostante.
|
|
-->
|
|
|
|
<!-- In tale voluta ostentazione di immagini, di "simbolismo
|
|
proletario", la Socialdemocrazia viennese si oppone esplicitamente alle
|
|
più avanzate letture di parte capitalista del senso e della forma
|
|
generale della nuova metropoli come elemento attivo di sviluppo.
|
|
L'alloggio operaio -- fino al '27 almeno -- non deve presentarsi come il
|
|
rispecchiamento freddo e disincantato della "calcolata esattezza" che un
|
|
Simmel aveva visto proiettata nel comportamento urbano. La *Philosophie
|
|
des Geldes*, l'insensibilità ad ogni distinzione, che quella stessa
|
|
*filosofia del denaro* induce nell'atteggiamento *blasé* dell'individuo
|
|
metropolitano, la "dissociazione", che il medesimo Simmel legge come il
|
|
livello massimo di socializzazione provocato dalla reazione alla
|
|
svalutazione dell'intero mondo oggettivo, non possono essere assunti
|
|
come dati *reali* per la politica ideologica dell'austromarxismo. La
|
|
bruta qualificazione delle diversificazioni, cui "l'anonimità e
|
|
l'indifferenza" del valore astratto del denaro riducono i valori
|
|
*concreti*, deve essere negata nell'ambito metropolitano: e tale
|
|
negazione deve assumere connotati di classe[^57].
|
|
|
|
[^57]: Cfr. Georg Simmel, *Philosophie des Geldes*, München-Leipzig,
|
|
Dunker und Humboldt, 1900; *Die Grosstadt. Vorträge und Aufsätze zur
|
|
Städteausstellung* (volume collettivo), Dresden, Zalen und Jaensch,
|
|
1903, pp. 185--206, trad. it. *Metropoli e personalità*, in *Città e
|
|
analisi sociologica*, a cura di Guido Martinotti, Padova, Marsilio,
|
|
1968, pp. 275--289. Sulla sociologia urbana di Simmel si veda
|
|
l'acuto saggio di Massimo Cacciari in "Angelus novus" 21, 1971. -->
|
|
|
|
<!-- Se nella *Grosstadt* capitalista "tutti gli oggetti galleggiano con
|
|
uguale peso specifico nel movimento costante della corrente monetaria"
|
|
così che gli oggetti stessi "giacciono allo stesso livello e
|
|
differiscono tra di loro solo per l'area che ricoprono nello
|
|
spazio"[^58], nella *rote Wien*, nella Vienna socialdemocratica, i
|
|
luoghi deputati dei "valori" proletari dovranno assumere una funzione
|
|
antitetica a quel livellamento, a quell'annullamento del valore nella
|
|
"corrente monetaria", a quella indifferenziazione della qualità nel
|
|
disponibile vuoto della nuda necessità. -->
|
|
|
|
<!-- [^58]: G. Simmel, *Die Grosstadt* cit., p. 280 dell'edizione
|
|
italiana. -->
|
|
|
|
<!-- Non più, quindi, il *dominio della molteplicità* indicato da un
|
|
Hilberseimer come esaltazione della più assoluta "semplicità
|
|
organizzativa": non più, in altre parole, un'assunzione indifferenziata
|
|
delle "leggi" che dominano l'economia metropolitana. Il rifiuto
|
|
dell'elementarismo coincide con il rifiuto della gestione complessiva
|
|
della città. Ci si ricollega, qui, al dissidio fondamentale fra la
|
|
cultura viennese e la cultura radicale della Germania di Weimar: l'arte
|
|
o l'architettura di avanguardia vengono valutate come risultato di un
|
|
assorbimento, di un'introiezione di quella riduzione delle stesse
|
|
funzioni sociali a *segni* dell'organizzazione capitalistica
|
|
complessiva. La cultura architettonica austriaca e l'ideologia
|
|
austromarxista rifiutano quindi i risultati delle avanguardie europee
|
|
sulla base di una classica "utopia regressiva"[^60].
|
|
|
|
[^59]: Cfr. Ludwig Hilberseimer, *Grosstadtarchitektur*, Stuttgart,
|
|
Verlag Hoffmann, 1927.
|
|
|
|
[^60]: Il significato qui attribuito all'"utopia regressiva" è
|
|
evidentemente diverso da quello ad essa assegnato da Adorno.
|
|
L'utopia degli Höfe viennesi, come si è più volte ribadito, è
|
|
estranea all'ideologia dell'avanguardia: estranea cioè
|
|
*all'ideologia dell'innovazione* e anche a quella
|
|
dell'incomunicabilità provocatoria. Caso mai, quella viennese è
|
|
un'*utopia della comunicabilità*, un'estrema "utopia del valore" e
|
|
del significato. -->
|
|
|
|
<!-- In termini puramente culturali, la dominante espressionista che
|
|
emerge in tutta evidenza nelle realizzazioni del Comune di Vienna fra il
|
|
'23 e il '28 ha una sua logica specifica. In forte ritardo rispetto ai
|
|
sussulti dell'angoscia borghese che aveva tentato, nella Germania del
|
|
primo Novecento, di recuperare l'ultimo residuo di presenza "umana"
|
|
nell'autorispecchiamento nella *reificazione cosmica* da parte di
|
|
intellettuali in bilico fra l'eutanasia e l'accettazione della propria
|
|
intellettualità, "Vienna rossa" isola il tema del *Masse-Mensch*,
|
|
dell'uomo massa tolleriano e genericamente espressionista, dichiarando
|
|
la totale estraneità del proletariato a quella alienazione. O meglio:
|
|
dichiarando che, nei luoghi totalmente gestiti dal proletariato stesso,
|
|
la forza lavoro recupera la globalità della propria "umanità", la
|
|
totalità di un'esistenza tesa alla *coscienza* del "dover essere" della
|
|
classe e della sua liberatoria "missione storica". -->
|
|
|
|
<!-- Gli alloggi operai dovranno *realizzare* l'immagine di tale
|
|
recupero: se un residuo utopico dovrà rimanere in essi, questo sarà
|
|
rivolto a designare il fine teleologico della "rivoluzione lenta"
|
|
dell'austromarxismo, vale a dire la liberazione finale della società
|
|
intera sotto il segno umanizzatore del lavoro liberato. -->
|
|
|
|
<!-- Non vi è ragione alcuna, quindi, per sostenere -- come fa il
|
|
Koyré[^61] -- che l'autarchia e l'isolamento dell'edilizia operaia
|
|
viennese rispondano a una lettura della committenza sociale in quanto
|
|
struttura di massa. Al contrario: di fronte all'anonimato della "città
|
|
capitalista", all'individualismo estenuato dell'alta commitenza
|
|
borghese, di fronte ai due opposti che l'avanguardia tende a
|
|
riunificare, assorbendo per intero la contraddittorietà della loro
|
|
compresenza nel reale, la politica architettonica della Vienna
|
|
socialdemocratica afferma l'individualismo settario delle "tocche rosse"
|
|
operaie.
|
|
|
|
[^61]: Cfr. H. Koyré, *Die Entwicklung des Wiener sozialen
|
|
Wohnungsbaues* cit. -->
|
|
|
|
<!-- È certo che tale convergenza tra cultura architettonica e ideologia
|
|
politica si fonda sulla struttura della classe operaia viennese. La
|
|
depressione economica del Comune di Vienna, cui abbiamo fatto cenno, la
|
|
strutturale ambiguità della collocazione della forza lavoro viennese
|
|
nell'ambito di un'economia non solo inflazionata, ma priva di strutture
|
|
capaci di rimettere in moto un ciclo in sviluppo, la bassa composizione
|
|
organica di capitale anche nelle imprese concentrate, l'alta mobilità
|
|
delle iniziative, conseguente a tale deficitaria composizione organica,
|
|
implicano una struttura della forza lavoro attestata a livelli del tutto
|
|
ottocenteschi e paleotecnici, anche nella difesa della sua declinante
|
|
"professionalità". -->
|
|
|
|
<!-- È appunto a tale classe operaia mista, in crisi in tutta Europa ma
|
|
persistente in una Vienna del tutto anomala rispetto allo sviluppo delle
|
|
nuove concentrazioni urbane e al nuovo ruolo da esse assunto nella
|
|
ristrutturazione capitalistica, che la Socialdemocrazia austriaca si
|
|
rivolge, per esaltarne le *qualità* sul piano della gestione urbana. -->
|
|
|
|
<!-- L'esaltazione espressionistica -- usiamo tale termine per
|
|
antonomasia, naturalmente[^62] -- delle *qualità* specifiche ed
|
|
esclusive dell'alloggio operaio può finalmente essere letta come
|
|
celebrazione, da parte dell'austromarxismo, della *coscienza di classe*
|
|
legata all'anacronistica professionalità dell'operaio viennese. È tutta
|
|
qui l'utopia regressiva dell'ideologia austromarxista: nel celebrare
|
|
come avanguardia "sociale" una struttura professionale della classe
|
|
artificiosamente mantenuta a livelli arretrati da rapporti di produzione
|
|
bloccati nel loro sviluppo dalle contingenze storiche.
|
|
|
|
[^62]: Le più recenti monografie sull'architettura dell'Espressionismo,
|
|
da quella di D. Sharp a quella di Borsi e König, hanno ignorato
|
|
l'esperienza viennese, più per trascuratezza che per libera scelta,
|
|
data l'indeterminatezza dei criteri usati per definire l'ambito di
|
|
pertinenza di tali studi. Va comunque osservato che nessun legame
|
|
esplicito esiste fra gli Höfe di Ehn o di Behrens e la tradizione
|
|
espressionista tedesca o austriaca: caso mai è l'identificazione del
|
|
proletariato, come "uomo nuovo" collettivo, con *l'uomo nudo* di un
|
|
Toller, che è implicita nell'epica del Karl-Marx-Hof e del
|
|
Winarskyhof. -->
|
|
|
|
<!-- Lo Hof operaio dovrà quindi materializzare quell'essenza
|
|
"spirituale" della nuova umanità in cui il proletario assume un ruolo
|
|
egemone, letta da Max Adler come realizzazione di "pensiero, volontà,
|
|
azione". Saranno gli Höfe viennesi, dunque, a dare significato concreto
|
|
al ricongiungimento di Kant e di Marx, che abbiamo letto come
|
|
caratteristica fra le più precipue dell'austromarxismo del primo '900.
|
|
-->
|
|
|
|
<!-- In tal senso in esse dovrà vivere -- trasformandosi in armonia con
|
|
i nuovi compiti ad esse affidati -- l'intera eredità
|
|
"nazional-popolare". Su tale base avviene, in un primo momento,
|
|
l'incontro fra l'ideologia politica e le istanze conservatrici della
|
|
cultura architettonica viennese. Nel Metzleinstaler-Hof, realizzato da
|
|
Hubert Gessner fra il 1919 e il 1923, tale radice populista è filtrata
|
|
attraverso alcune memorie formali ereditate dalla Wagnerschule: ma nelle
|
|
opere di architetti come Peller, Stockl e Stoik -- le case sulla
|
|
Justgasse del '23 o quelle sulla Berzelinsgasse del '25 -- risulta
|
|
vincente la tradizione *Biedermeier*, tipica espressione della piccola
|
|
borghesia. -->
|
|
|
|
<!-- È ancora difficile individuare filologicamente a Vienna le esatte
|
|
relazioni fra la committenza politica e la risposta disciplinare. Non
|
|
può sfuggire, però, come al populismo incontrollato dei primi
|
|
esperimenti si sostituisca immediatamente una intesa fra
|
|
Socialdemocrazia e cultura architettonica, mediata da un'ideologia
|
|
comune, ampiamente diffusa dal '23 in poi. -->
|
|
|
|
<!-- Esistono infatti due modelli con cui la Socialdemocrazia austriaca
|
|
e gli architetti viennesi intendono confrontarsi direttamente e nei
|
|
riguardi dei quali affermare la propria più radicale estraneità. Da un
|
|
lato è il dibattito -- economico, culturale, ar chitettonico -- che si
|
|
svolge intensissimo negli anni della Nep nell'Unione Sovietica;
|
|
dall'altro è la gestione socialdemocratica e cooperativistica delle
|
|
città nella Germania di Weimar, fortemente influenzata dalla cultura
|
|
architettonica radicale, erede delle avanguardie storiche. Di fronte al
|
|
dibattito sovietico, letto come utopismo e progetto autoritario insieme,
|
|
Vienna deve dimostrare le proprie capacità "costruttive". All'*utopia
|
|
realizzata* delle Siedlungen di Haesler a Celle o di May e collaboratori
|
|
a Francoforte, essa deve opporre un'alternativa populista e
|
|
antiutopica[^63].
|
|
|
|
[^63]: Cfr. su tale tema Manfredo Tafuri, *Socialdemocrazia e città
|
|
nella Germania di Weimar*, in "Contropiano" 1, 1971, e la
|
|
bibliografia ivi citata. -->
|
|
|
|
<!-- Risulta quindi difficilmente condivisibile l'opinione di Aymonino,
|
|
dove questi afferma che "negli esempi viennesi l'autosufficienza --
|
|
garantita dall'attrezzatura di svago e di istruzione, dalle presenze
|
|
commerciali, dai servizi sanitari -- è ridotta alle sue reali dimensioni
|
|
di assolvimento di alcune necessità primarie, *è privata cioè di ogni
|
|
aggiunta ideologica*". "Non ha perciò un valore unicamente di 'difesa'
|
|
della città speculativa -- egli continua -- o di minimo vitale che
|
|
sopperisca all'isolamento o alla distanza dalla grande città, ma ha il
|
|
valore di garantire subito un livello di vita pari, se non superiore,
|
|
alle migliori zone di periferia cittadina. L'edilizia economica per la
|
|
forma specifica in cui viene realizzata acquista così compiutamente una
|
|
funzione di guida, determinante per tutto il settore cittadino che la
|
|
circonda; entro questa precisa dimensione è essa stessa un'alternativa
|
|
alla produzione speculativa, una risposta più completa alla 'domanda'
|
|
messa in moto dal processo produttivo contemporaneo"[^64].
|
|
|
|
[^64]: C. Aymonino, *L'esperienza viennese*, in *L'abitazione razionale*
|
|
cit., pp. 33--34. "Non a caso -- continua Aymonino (p. 34) -- la
|
|
sostanza dell'esperienza viennese -- cioè la possibilità di
|
|
sviluppare ulteriormente la città tradizionale, organizzandola nelle
|
|
sue linee generali e realizzandola per caseggiati, niente affatto
|
|
autosufficienti, ma strettamente correlati -- una possibilità quindi
|
|
di vita per la 'città compatta' -- è stata ripresa soltanto nei
|
|
paesi socialisti, dove appunto la questione degli alloggi, intesa
|
|
nella sua totalità, non poteva essere risolta che in un unico quadro
|
|
urbano, con la presenza in esso di una nuova periferia; nel senso
|
|
che lo sviluppo per caseggiati pone diversi problemi da quelli posti
|
|
dallo sviluppo per blocchi speculativi o da quella per quartieri
|
|
satelliti". La relazione fra l'esperienza viennese e quella dei
|
|
paesi socialisti è pertinente, ma solo rispetto alla *forma degli
|
|
insediamenti*, non al tipo di rapporto da essi istituito nei
|
|
confronti della città, e, più in generale del quadro istituzionale
|
|
di cui la città è parte. Sulla base dell'osservazione di Aymonino si
|
|
potrebbero inoltre avvicinare lo sviluppo per blocchi di Vienna alle
|
|
impostazioni date da Fritz Schumacher agli ampliamenti di Amburgo.
|
|
-->
|
|
|
|
<!-- Va comunque valutato con maggiore attenzione l'incontro fra
|
|
l'ideologia del programma socialista e l'ideologia architettonica che la
|
|
realizza. È intanto importante sottolineare che buona parte degli
|
|
architetti che assumono un ruolo di rilievo nella progettazione degli
|
|
Höfe comunali esce dalla scuola di Wagner, e in genere da un clima da
|
|
essa fortemente influenzato: Hubert Gessner, Robert Oerley, Rudolf
|
|
Perco, Otto Schöntal, Emil Hoppe, Josef Hoffmann, malgrado i tentativi
|
|
di un approccio rinnovato alla tematica urbana presenti nelle ricerche
|
|
della Wagnerschule, si trovano in possesso di un bagaglio di esperienze
|
|
del tutto anacronistico rispetto ai temi proposti dalla nuova
|
|
committenza politica. -->
|
|
|
|
<!-- In un certo senso, si può dire che è proprio tale assenza di un
|
|
precedente dibattito architettonico alla scala dei nuovi problemi a
|
|
permettere agli architetti che avevano iniziato la loro carriera nel
|
|
clima della "gaia apocalisse" viennese e che avevano sperimentato
|
|
dolorosamente la *finis Austriae*, di inserirsi docilmente -- senza la
|
|
volontà o la capacità di proporre strade alternative -- nel programma
|
|
del Comune socialista. All'ideologia tutta borghese della Wagnerschule
|
|
essi sono in grado di sostituire solamente un'ideologia populista: il
|
|
solo Hoffmann tenta -- con scarso successo -- di saldare opere come il
|
|
Klosehof (1924) o il blocco da lui costruito sulla Luxemburger Strasse
|
|
(1931) alle proprie ricerche puristiche dell'anteguerra[^65].
|
|
|
|
[^65]: Abbiamo già rilevato il carattere Biedermeier del
|
|
Metzleinstaler-Hof di Hubert Gessner, un architetto che fra il 1907
|
|
e il 1912 aveva realizzato una serie di ville a Vienna, fra le più
|
|
controllate nell'ambito della Wagnerschule (Sternwertestrasse,
|
|
Rechte Wienzeile, Hasnerstrasse ecc.). Otto Schöntal è l'autore
|
|
della casa al n. 14 della Linzerstrasse, in cui viene popolarizzato
|
|
il linguaggio olbrichiano, e, insieme a Emil Hoppe -- una delle
|
|
figure più interessanti della scuola di Wagner, per alcuni progetti
|
|
che la critica ha avvicinato alle posteriori immagini
|
|
architettoniche di Sant'Elia -- aveva costruito case di abitazione
|
|
"secessioniste" al Prater e sulla Wiedner Hauptstrasse. La
|
|
personalità maggiore (Hoffmann a parte) della cultura architettonica
|
|
viennese dell'anteguerra, che ritroviamo più volte impegnata nella
|
|
realizzazione del programma del Comune di Vienna, è senz'altro
|
|
Robert Oerley (1876--1945). Le sue ville sulla Weimarer Strasse
|
|
(1904--1905) e sulla Vegagasse (1906) o il sanatorio Auersperg
|
|
(1907) sono opere scarsamente influenzate dai modi della
|
|
Wagnerschule, pur nel clima di un linguaggio non lontano da alcune
|
|
ricerche coeve di un Van de Velde. Non a caso sono di Gessner e di
|
|
Oerley opere come il Lasalle-Hof (1924), lo Hanusch-Hof (1923), il
|
|
Karl-Seitz-Hof (1926) o il Washington-Hof (1927) che in vario modo
|
|
costituiscono dei modelli per l'edilizia socialista viennese. Per
|
|
una moderna lettura del fenomeno della Wagnerschule cfr. Otto
|
|
Antonia Graff, *Die Vergessene Wagnerschule*, Schriften des Museums
|
|
des 20. Jahrhunderts, Wien, Verlag Jugend und Volk, 1969.
|
|
|
|
Toni Biedermeier uniti ad elementi linguistici vagamente
|
|
goticheggianti e "popolari" -- tetti fortemente emergenti, portici
|
|
ad arco acuto, logge e coperture sottolineate da archeggiature,
|
|
cornici mistilinee o stilizzate -- sono presenti ancora negli Höfe
|
|
degli anni 1924--26. Come esempi particolarmente probanti di tale
|
|
populismo sommesso, citiamo il blocco residenziale di Gessner
|
|
prospiciente il Lassalle-Hof (1925--26), il blocco articolato di
|
|
Rudolf Krauss sulla Wagramerstrasse (1925--26) il blocco di K. Krist
|
|
nell'XI Bezirk (Grillgasse, Herbertgasse, 1924--25) e lo Hof
|
|
quadrato di Franz Weissmann, ispettore del Comune, nell'XI Bezirk
|
|
(1925--26). Cfr. i fascicoli relativi pubblicati a cura del Comune
|
|
di Vienna, e J. Bittner, *Neubauten der Stadt Wien* cit.; Guenter
|
|
Hirschel, *Die Gemeindebauten der Stadt Wien*, in "Wasmuths
|
|
Monatschefte für Baukunst" 10, 1926, pp. 357--369; H. Koyré, op.
|
|
cit. -->
|
|
|
|
<!-- In tale vuoto culturale, in cui il populismo rappresenta solo
|
|
un'ideologia di riserva, si inserisce il determinante apporto di Peter
|
|
Behrens. -->
|
|
|
|
<!-- # 4. L'ideologia realizzata -->
|
|
|
|
<!-- Abbiamo intenzionalmente contrapposto l'attività di Loos a quella
|
|
di Behrens, nell'ambito della politica edilizia viennese. Peter Behrens
|
|
inizia nel 1922 il suo insegnamento all'Accademia di Vienna, portando
|
|
con sé sia l'esperienza pratica e teorica accumulata negli anni
|
|
anteriori alla guerra, che una profonda crisi individuale[^66].
|
|
|
|
[^66]: Per l'attività didattica di Behrens a Vienna si veda *Peter
|
|
Behrens und seine Wiener Akademische Meisterschule*, herausgegeben
|
|
von K. Maria Grimme, Wien-Berlin-Leipzig, Adolf Lusser Verlag, 1930,
|
|
con il saggio introduttivo dello stesso Behrens, *Zur Erziehung des
|
|
baukünstlerischen Nachweises*, pp. 9--12, in cui vengono riaffermate
|
|
tesi largamente circolanti nell'ambito della cultura architettonica
|
|
tedesca circa la priorità dei temi della metropoli, della
|
|
cooperazione collettiva, dell'annullamento del soggettivismo, della
|
|
standardizzazione e della *Neue Sachlichkeit*, come programmi
|
|
adeguati a un'impostazione interdisciplinare della tematica urbana.
|
|
Behrens commenterà la sua opera come architetto del Comune di Vienna
|
|
in un articolo in cui il coordinamento della progettazione e
|
|
l'unitarietà degli interventi da questo permessa vengono esaltati
|
|
come meriti precipui dell'amministrazione socialista. Cfr. P.
|
|
Behrens, *Die Gemeinde Wien als Bauherr*, in "Bauwelt" 41, 1928
|
|
(trad. it. in "Casabella" 240, 1960, p. 48). Sulle teorie
|
|
behrensiane in tema di industrializzazione edilizia, vedi: Erich
|
|
Goldner, *Gedanken zur Industrialisierung des Wohnungsbaues von
|
|
Peter Behrens (1868--1940)*, in "Baukunst und Werkform" 5, 1955, pp.
|
|
308--310. Le tesi di Behrens vanno comunque confrontate con il suo
|
|
progressivo e tardivo accoglimento di tematiche espressioniste,
|
|
particolarmente evidente negli anni immediatamente posteriori al
|
|
1918, in opere come la Dombauhütte di Monaco (1922) per la quale
|
|
egli chiede la "Misericordia" di Barlach e quadri di Toorop, Minne e
|
|
Hölzel, la fabbrica Hoechst di Francoforte (1920) o il padiglione
|
|
dell'Expo 1925 di Parigi. Su tale momento "critico" di Behrens, teso
|
|
ad accogliere nella sua distaccata "etica del riserbo" frammenti di
|
|
pathos espressionista, cfr. i due saggi, di Julius Posener,
|
|
*L'oeuvre de Peter Behrens*, in "L'architecture d'aujourd'hui" 2,
|
|
1934, pp. 8--29, e di José Imbert, *Peter Behrens*, ibidem, p. 30,
|
|
scritti in contraddittorio tra loro, e Wilhelm Weber, *Zur Peter
|
|
Behrens Ausstellung*, in *Peter Behrens (1868--1940). Gedenkschrift
|
|
mit Katalog aus Anlass der Austellung 1966--67*, pp. 13--18; Heinz
|
|
Thiersch, *Peter Behrens aus der Sicht von Heute*, ibidem, pp.
|
|
23--32. -->
|
|
|
|
<!-- È significativo, pertanto, che nel suo lavoro per l'edilizia
|
|
comunale di Vienna Behrens usi solo parzialmente la prima, e tenda a
|
|
nascondere la seconda. -->
|
|
|
|
<!-- La tradizione culturale in cui Behrens è radicato, si noti, è quasi
|
|
del tutto estranea sia all'utopismo romantico che agli apporti
|
|
dell'avanguardia. Nei suoi scritti fra il 1908 e il 1914 Behrens aveva
|
|
analizzato con estrema lucidità il tema della Grosstadt contemporanea,
|
|
respingendo la tradizione morrisiana, il romanticismo inglese, la teoria
|
|
della città-giardino e dell'autosufficienza dei singoli settori urbani,
|
|
a favore di una lettura unitaria, globale del fenomeno urbano. Contro la
|
|
dispersione residenziale egli oppone una città compatta, dominata da
|
|
un'economia vagamente comunitaria, al romanticismo edilizio un "nuovo
|
|
classicismo", capace di assicurare all'universo capitalistico un
|
|
autonomo universo della Forma. Non a caso l'architettura di Behrens è
|
|
posta sotto il segno del monopolio elettrico dei Rathenau; l'"etica del
|
|
riserbo" che traspira dai suoi "monumenti industriali" è tutta
|
|
all'interno del "disincanto" weberiano, interpretato come nuovo
|
|
Valore[^67].
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[^67]: Le radici idealistiche e spiritualistiche della cultura
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behrensiana e i suoi legami con le idee sociali e politiche di
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Friedrich Naumann, cofondatore del Deutscher Werkbund, sono state
|
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sottolineate nel documento saggio di Stanford Anderson, *Behrens'
|
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Changing Concept*, in "The Architectural Design" 2, 1969, pp.
|
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72--78. Cfr. anche Vittorio Gregotti, *Peter Behrens*, in
|
|
"Casabella" 240, 1960, pp. 5--8. -->
|
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<!-- Ciò che ci interessa in modo particolare è però la sua lucida
|
|
lettura della nuova realtà berlinese: rispondendo nel 1912 a
|
|
un'inchiesta del "Berliner Morgenpost" egli riconosce nella nuova
|
|
Berlino la fine della "città del lavoro" e la concreta presenza di un
|
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centro terziario da "dominare" attraverso un preciso ed unitario
|
|
intervento, in cui sia determinante un adeguato coordinamento
|
|
tipologico[^68].
|
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|
|
[^68]: Cfr. l'inchiesta *Il futuro di Berlino*, nel "Berliner
|
|
Morgenpost" del 27 dicembre 1912. -->
|
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|
<!-- Due anni dopo, riprendendo il discorso appena iniziato sulla
|
|
"forma" della Grosstadt, Behrens pubblica nell'annuario del Deutscher
|
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Werkbund un fondamentale saggio in cui l'intera tematica
|
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dell'avanguardia -- il dominio del caos e dell'angoscia indotte dal
|
|
"molteplice" urbano -- viene ripresa nell'ambito di una prospettiva
|
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metodologica tutta all'interno della tradizione urbanistica
|
|
ottocentesca, che avrà i suoi sbocchi estremi nella trattatistica di
|
|
Ludwig Hilberseimer[^69].
|
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|
[^69]: P. Behrens, *Einfluss von Zeit und Raumausnutzung auf moderne
|
|
Formentwicklung*, in *Der Verkeher*, Jahrbuch des Deutschen
|
|
Werkbundes 1914, Jena, Eugen Diederichs, 1914, pp. 7--10. -->
|
|
|
|
<!-- Gli studi di Behrens sulla tipologia della residenza continua a
|
|
gradoni e sulla città a grattacieli terrazzati, condotti a Vienna dal
|
|
'22 in poi in collaborazione con Alexander Popp, sono in sintonia con i
|
|
suoi studi teorici dell'anteguerra, e rappresentano la controfaccia
|
|
dell'espressionismo esasperato di opere come la Hoechst Farbwerke di
|
|
Francoforte (1920--23). Il dominio del molteplice attraverso
|
|
l'elementarismo della forma e il controllo globale delle variabili
|
|
fisiche ed economiche: in questo programma Behrens individua
|
|
l'alternativa "positiva" all'irrompere del caos espresso nel pathos
|
|
eclettico delle sue opere posteriori al 1920, in cui il frantumarsi
|
|
della "poetica del contegno" è certo una risposta soggettiva alla fine
|
|
della Kultur pangermanica viva nel programma di un Walter Rathenau come
|
|
in quello di Friedrich Naumann e del primo Werkbund. Ma anche i modelli
|
|
urbani di Behrens rappresentano, nella Vienna socialdemocratica,
|
|
un'utopia priva di agganci con i programmi politici in corso di
|
|
realizzazione. -->
|
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|
|
<!-- Impegnandosi nella progettazione di una serie di blocchi
|
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residenziali per il Comune di Vienna, Behrens deve rinunciare alla
|
|
compiutezza dei suoi modelli: l'unico esempio realizzato della sua "casa
|
|
a gradoni" (che sicuramente ha influenzato analoghe ricerche loosiane) è
|
|
il frammento costruito nel 1927 al Weissenhof di Stoccarda[^70].
|
|
|
|
[^70]: Cfr. P. Behrens, *Terrassen am Hause*, in *Bau und Wohnung*,
|
|
herausgegeben vom Deutschen Werkbund, Stuttgart 1927, pp. 17--25, in
|
|
cui Behrens dichiara esplicitamente che la piccola casa a terrazze
|
|
realizzata nell'ambito dell'esposizione Sperimentale di Stoccarda è
|
|
solo un frammento del programma tipologico e igienico -- il recupero
|
|
dell'ambiente esterno e del verde nell'ambito di una città ad alta
|
|
densità edilizia -- studiato sin dal '22 con le ricerche sulle case
|
|
a gradoni svolte a Vienna. Sull'attività urbanistica di Behrens si
|
|
veda Aldo Rossi, *Peter Behrens e il problema dell'abitazione
|
|
moderna*, in "Casabella" 240, 1960, pp. 47--48. -->
|
|
|
|
<!-- Behrens realizza invece, fra il 1924 e il 1926, due complessi per
|
|
il Comune di Vienna destinati a rivestire valore di modello sia
|
|
organizzativo che formale -- il Winarskyhof (1924--26) in collaborazione
|
|
con Hoffmann, Frank, Strand, Wlach e altri architetti, e il blocco sulla
|
|
Kostanziagasse (1924--25) -- oltre al minore e più tardo Franz-Domes-Hof
|
|
(1928) sul Margaretengürtel[^71].
|
|
|
|
[^71]: Cfr., sul Winarskyhof, Max Eisler, *Wiener Villen und Kolonien*,
|
|
in "Moderne Bauformen" 1, 1926, pp. 393--397; l'anonima nota
|
|
*Maisons ouvriéres è Vienne*, in "Cahiers d'Art" 6, 1926, pp.
|
|
132--135, in cui l'opera di Behrens, giudicata positivamente, viene
|
|
contrapposta a quella di Hoffmann, dichiarata estranea
|
|
all'architettura moderna; *Die Wohnhausanlage der Gemeinde Wien.
|
|
Winarskyhof*, Wien 1926; P. Behrens, *Zeitloses und Zeitbewegtes*,
|
|
in "Österreichische Kunst", Monatsschrift für bildende und
|
|
darstellende Kunst, Architektur und Kunsthandwerk, 1932, p. 5 ss.,
|
|
in cui vengono pubblicati, fra l'altro, i progetti elaborati con
|
|
Alexander Popp per una città a grattacieli a gradoni e il
|
|
Franz-Domes-Hof. -->
|
|
|
|
<!-- Va anzitutto notato il Winarskyhof è, dopo quello sulla
|
|
Rosa-Luxemburg-Gasse[^72], uno fra i complessi più grandi fra quelli
|
|
impostati fino al 1924: con le sue 534 abitazioni esso si estende dalla
|
|
Stromstrasse fino alla Durchlaustrasse (limitata a sua volta verso ovest
|
|
dalla Nordbahn), e dalla Vergartenstrasse alla Pasettistrasse: il blocco
|
|
chiuso, tipico dei caseggiati del primo periodo di attuazione del piano,
|
|
si ripresenta puro nel volume edilizio triangolare a corte interna,
|
|
dislocato nel settore sud occidentale, ma viene violentato, aperto alla
|
|
città, articolato, nel complesso principale, dalla Leystrasse, che
|
|
penetra in larghezza l'area residenziale, sfondando, attraverso quattro
|
|
monumentali portali, i successivi corpi di fabbrica.
|
|
|
|
[^72]: Il complesso realizzato fra la Sanleitengasse e la
|
|
Rosa-Luxemburg-Gasse è opera di Schöntal, Hoppe, Materschek, Theis,
|
|
Jaksch, Kraus e Tölk (1924--23) e costituisce un esempio fra i più
|
|
probanti del trapasso degli architetti della Wagnerschule a una
|
|
sorta di "intimismo di massa", per quanto l'attributo possa sembrare
|
|
paradossale. Con i suoi 1587 abitanti, esso è uno fra i maggiori
|
|
complessi del Comune di Vienna. -->
|
|
|
|
<!-- Superblocco e città si fronteggiano quindi e tentano una
|
|
impossibile integrazione; si veda anche come i servizi a scala urbana si
|
|
dislochino nello Hof: la Stadtburgerschule e il Birgitta Spital occupano
|
|
le estremità angolari dello Hof principale, mediandolo rispetto
|
|
all'intorno costruito. Ma le stesse caratteristiche del superblocco
|
|
escludono ogni reale mediazione nei confronti dell'ambiente.
|
|
L'ostentazione del puro gioco delle masse edilizie, sottolineate e
|
|
commentate dai ricorsi orizzontali che si addensano e si frantumano in
|
|
corrispondenza dei grandi portali tripartiti -- entrando, per di più, in
|
|
colloquio con l'enorme didascalia riferita all'opera della *Gemeinde
|
|
Wien* -- fa ragione nel Winarskyhof di ogni romanticismo decadente:
|
|
tanto che la collaborazione con Behrens di architetti come Hoffmann,
|
|
Strand, Grete Lihotzky o Dirnhuber, risulta essere di pura dipendenza, a
|
|
meno delle poche (e quasi sempre infelici) varianti da loro apportate al
|
|
modello iniziale[^73].
|
|
|
|
[^73]: Nel fascicolo *Die Wohnhausanlage der Gemeinde Wien. Winarskyhof*
|
|
cit., appaiono come progettisti, nell'ordine: J. Hoffmann, P.
|
|
Behrens, Oskar Strand, J. Frank, Oskar Wlach, Schuster, Loos, Grete
|
|
Lihotzky, Karl Dirnhuber. Per le responsabilità assunte nella messa
|
|
a punto dei singoli settori del Winarskyhof cfr. Max Eisler, op.
|
|
cit. È pertanto assai dubbio che architetti "all'opposizione"
|
|
rispetto al programma socialdemocratico, come Loos o Frank, abbiano
|
|
effettivamente collaborato con Behrens.
|
|
|
|
Il loro nominativo è pur tuttavia necessario all'amministrazione
|
|
viennese per far figurare nella realizzazione di un complesso
|
|
"modello", come il Winarskyhof, una collaborazione che raccoglie
|
|
l'intera *intelligencija* architettonica viennese, nelle sue punte
|
|
avanzate. -->
|
|
|
|
<!-- Nel Winarskyhof (assai più che nel caseggiato a doppio cortile
|
|
sulla Kostanziagasse, di un purismo quasi polemico), Behrens sferra un
|
|
deciso attacco contro il populismo fine a se stesso di complessi come
|
|
quello di Wilhelm Peter (XIX. Bezirk, Obkirchergasse/Leidesdorfgasse,
|
|
1924--25) o di Rodler, Stutterheim e Tremmel (II. Bezirk,
|
|
Kaisermühlendamm/Schiffmühlenstrasse) ma anche contro le più consistenti
|
|
ricerche formali di Robert Oerley e Clemens Holzmeister. (Ci riferiamo
|
|
in particolare allo Hanusch-Hof, iniziato del 1923 dal primo e al
|
|
Brathof, realizzato dal secondo fra il '24 e il '25). -->
|
|
|
|
<!-- L'ostentato sintetismo del Winarskyhof si oppone infatti alla
|
|
ricerca di modulazioni parietali basate sulla reiterazione discontinua
|
|
di aggetti triangolari, caratterizzante le opere citate, anche se il
|
|
moderato eclettismo di Oerley, Holzmeister e Gessner sarà capace di
|
|
fondare una tradizione indipendente che avrà le sue espressioni maggiori
|
|
nel Reumanhof (H. Gessner, 1924--26) e nelle paradossali dispersioni
|
|
formali del decisamente espressionistico Professor-Jodl-Hof costruito
|
|
nel 1925--26 da Rudolf Perco, Rudolf Frass e Karl Dorfmeister[^74].
|
|
|
|
[^74]: Cfr. *Die Wohnhausanlage der Gemeinde Wien in XIX. Bezirk.
|
|
Professor-Jodl-Hof*, Wien 1926. Si noti, in questo complesso, la
|
|
coerenza tra le deformazioni geometriche dei volumi corrispondenti
|
|
agli snodi dei corpi di fabbrica e l'andamento libero e aperto del
|
|
disegno planimetrico. Come nel Winarskyhof, il blocco costruito è
|
|
attraversato da una strada, che collabora però, qui, a diluire
|
|
l'accentramento della corte chiusa. Sulla base di quanto si è finora
|
|
osservato, va recisamente negato ciò che è stato scritto dal Koyré
|
|
(e ripetuto da Aymonino) circa il significato del "nuovo purismo"
|
|
attribuito al Lassalle-Hof, costruito nel 1924--25 da Gessner, in
|
|
collaborazione con Hans Paar, Fritz Waage e Fritz Schlossberg (cfr.
|
|
*Lassalle-Hof. Die Wohnhausanlage der Gemeinde Wien im II. Bezirk*;
|
|
H. Koyré, *Die Entwicklung* cit.; C. Aymonino, op. cit.). Non è
|
|
pertanto possibile far risalire alle influenze di un'opera ancora
|
|
eclettica, come il Lassallehof, l'impostazione della tematica del
|
|
superblocco offerta da architetti come Karl Ehn, Karl Dirnhuber o
|
|
Schmid e Aichinger. -->
|
|
|
|
<!-- Non a caso nel fascicolo pubblicato a cura del Comune di Vienna sul
|
|
Winarskyhof, si afferma che nella monumentale dialettica tra il cubismo
|
|
delle masse denudate e la stratificazione orizzontale del disegno
|
|
complessivo, gli architetti hanno voluto esprimere "l'immagine di una
|
|
grande città democratica"[^75].
|
|
|
|
[^75]: "Die Architekten wollten mit ihrem Werk den Beweis erbringen,
|
|
dass in der kubischen Wirkung der Baumassen, im Verzicht auf schräge
|
|
Dachflächen in der ruhigen horizontalen Lagerung, in der räumlichen
|
|
Grösse der Trakte und Höfe, in der vollkommenen Weglassung aller
|
|
dekorativen zutaten auf Mauerflächen und Dachabschlüssen alles das
|
|
ausgedrückt werden kann, um zu dem Ziel eines wahrhaft modernen,
|
|
bewusst demokratischen Grosstadtbildes zu gelangen" (*Die
|
|
Wohnhausanlage der Gemeinde Wien. Winarskyhof* cit., p. 6). -->
|
|
|
|
<!-- È quindi con Behrens che il programma residenziale socialista si
|
|
traduce in una coerente ideologia architettonica. L'empirismo delle
|
|
soluzioni tipologiche, sia alla scala del singolo alloggio che a scala
|
|
urbana, l'artigianalità delle tecniche edilizie, la casuale dislocazione
|
|
dei complessi nella città, la negazione di ogni ricerca di standards
|
|
ottimali nel dimensionamento degli Höfe e in quello dei servizi, vengono
|
|
ora rovesciati, come valori positivi, in immagini che esaltano il
|
|
collettivismo "umano" e la "democrazia" residenziale dei complessi
|
|
dell'amministrazione "rossa". -->
|
|
|
|
<!-- Il rigoroso accentramento dei superblocchi intorno agli spazi
|
|
centrali attrezzati -- a meno di articolazioni che attenuino la rigidità
|
|
dello schema -- è funzionale a tale scoperta della capacità
|
|
dell'architettura a esprimere, senza compiacimenti folcloristici o tardo
|
|
romantici, l'epica socialista. Anzi, si può avanzare l'ipotesi che il
|
|
più coerente "realismo socialista" sia stato realizzato, in
|
|
architettura, nella Vienna socialdemocratica, in forte anticipo sulle
|
|
ricerche sovietiche, dal gruppo VOPRA in poi (si potrebbero persino
|
|
invocare somiglianze formali: si confronti il Karl-Marx-Hof, ad esempio,
|
|
con i successivi progetti dei fratelli Vesnin per il concorso per il
|
|
palazzo dell'Industria pesante a Mosca). -->
|
|
|
|
<!-- È nella linea tracciata da Behrens che si inseriscono opere come il
|
|
blocco di 75 appartamenti di Karl Dirnhuber (uno dei collaboratori del
|
|
maestro tedesco per il Winarskyhof), il polemico Wiederhoferhof di Josef
|
|
Frank[^76], il Pestalozzihof di Ella Briggs[^77], i molti interventi di
|
|
Schmid e Aichinger, e, principalmente, quelli di Karl Ehn, indubbiamente
|
|
il più significativo fra gli interpreti dell'*epica proletaria* come
|
|
ideologia architettonica di recupero.
|
|
|
|
[^76]: Cfr. il fascicolo del Comune di Vienna sul Wiederhoferhof. Come
|
|
abbiamo già notato, Josef Frank si trova all'opposizione nei
|
|
confronti della scelta tipologica fatta dall'Amministrazione.
|
|
L'assoluta scarnificazione formale del Wiederhoferhof può quindi
|
|
essere letta come una pura prestazione tecnica da parte di Frank,
|
|
che è, del resto, fra gli architetti viennesi degli anni '20, il più
|
|
vicino alla poetica della Neue Sachlichkeit.
|
|
|
|
[^77]: Cfr. *Die Wohnbausanlage der Gemeinde Wien. Pestalozzi-Hof im
|
|
XIX. Bezirk*, Wien 1926, e L. A., *Wohnbausblock und Ledigenbeim
|
|
"Pestalozzihof" im Wien*, in "Wasmuths Monatshefte für Baukunst"
|
|
XII, 1928, p. 69 ss. -->
|
|
|
|
<!-- Ehn -- anch'egli uscito dalla Wagnerschule -- aveva esordito con
|
|
alcune opere isolate, influenzate dalla maniera di Holzmeister, ma si
|
|
impegna sin dal 1922 nell'operazione edilizia comunale: nel 1922 inizia
|
|
la costruzione dell'edificio di 164 appartamenti sulla Balderichgasse,
|
|
nel 1923 quella dello Zentraler Friedhof e della Siedlung Hermesweis,
|
|
nel 1924--25 del superblocco a cortile chiuso fra la Kreuzgasse e la
|
|
Paulinengasse[^78], fra il 1925 e il 1927 realizza la sua prima opera di
|
|
grande rilievo, il Bebelhof, accentrato su una corte quadrangolare
|
|
irregolare, con 301 appartamenti.
|
|
|
|
[^78]: Cfr. *Die Wohnbausanlagen der Gemeinde Wien im XVIII. Bezirk.
|
|
Kreuzgasse*, Wien 1925. Il complesso di Karl Ehn, allungato in forma
|
|
di cortile rettangolare a lati progressivamente aggettanti, fra la
|
|
Kreuzgasse e lo Czartoryskipark, comprende 318 abitazioni, 6 negozi
|
|
e 4 laboratori artigiani, ed è prospiciente al blocco articolato di
|
|
Erich Leischner. Il linguaggio di Ehn assorbe già qui alcuni spunti
|
|
mendelsohniani, ricomposti nell'articolato geometrismo dell'insieme:
|
|
vedi le finestre angolari, le soluzioni di continuità risolte con
|
|
volumi semicilindrici, i marcapiani che sottolineano le logge e le
|
|
finestre, il gioco degli aggetti. Si noti che nel 1924 Karl Ehn è
|
|
già architetto capo dell'Ufficio edilizio del Comune di Vienna. -->
|
|
|
|
<!-- Al purismo volumetrico e all'enfatizzazione degli snodi angolari,
|
|
Ehn assomma, nel Bebelhof, una serie di vere e proprie forme simboliche.
|
|
Ai lati dell'ingresso principale aggetti triangolari e volumi
|
|
semicircolari formano, insieme agli scatti volumetrici dei piani della
|
|
facciata e alle lame murarie sostenenti i pennoni, un complesso di
|
|
oggetti geometrici che si impongono alla "percezione distratta" del
|
|
pubblico urbano. Analogamente, nello Hof interno le superfici sono
|
|
articolate dal libero scorrere su di esse di aggetti volumetrici
|
|
dislocati su vari piani e legati fra loro secondo una astratta cadenza.
|
|
Qualora però si volesse leggere cosa corrisponda, nella struttura delle
|
|
abitazioni, a tale esaltazione del "patetico" formale si rimarrebbe
|
|
fortemente delusi. Come in buona parte degli Höfe viennesi, anche nel
|
|
Bebelhof il pathos della forma è ottenuto in modo indipendente
|
|
dall'organismo complessivo, introducendo casuali eccezioni
|
|
nell'uniformità dell'elementare -- e spesso non felice -- tipologia
|
|
residenziale. -->
|
|
|
|
<!-- È nel Karl-Marx-Hof che Ehn realizza la sintesi più completa fra
|
|
contributo delle avanguardie, enfasi strutturale e valori epici
|
|
enfatizzati da stilemi tradizionali: l'eclettismo deve comprendere in sé
|
|
l'avanguardia, annullarla in quanto tale -- in quanto utopia --
|
|
asservirla a un nuovo "realismo". Non più il *vuoto* del puro oggetto,
|
|
quindi, ma un'eloquenza delle immagini capace di usare il linguaggio
|
|
elementarista, le scomposizioni neoplastiche, le aggregazioni
|
|
costruttiviste, all'interno di una sintesi globale, comprensiva non solo
|
|
delle proposte delle avanguardie, ma anche dello storicismo insito nella
|
|
tradizione borghese del XIX secolo. -->
|
|
|
|
<!-- Il proletariato come classe egemone di un "nuovo mondo" che non
|
|
tagli i ponti con la grande Kultur borghese, dunque: nell'opera massima
|
|
di Karl Ehn tale motivo, profondamente lukácsiano, si traduce
|
|
direttamente nell'allusività delle forme e nel loro montaggio[^79]. Si
|
|
osservi l'alternarsi delle torri concluse da pennoni porta bandiera e da
|
|
enormi arconi, che chiudono, più di quanto non aprano, il complesso
|
|
verso il tessuto urbano circostante. L'enfasi dimensionale di tali
|
|
elementi allude a memorie formali della più opposta origine: gli arconi
|
|
che sfondano in profondità il corpo dell'edificio offrono all'insieme
|
|
una dimensione "eroica", tanto più accentuta in quanto ripresa dalla
|
|
teoria continua delle torri che si profilano come valori conclusivi del
|
|
superblocco, come masse che definiscono l'assoluta autonomia del
|
|
frammento urbano a scala gigantesca, dotandolo di una *skyline*
|
|
aggressivamente chiusa in se stessa.
|
|
|
|
[^79]: Sul Karl-Marx-Hof vedi *Der Karl-Marx-Hof. Die Wohbnhausanlage
|
|
der Gemeinde Wien* cit., che come tutti i fascicoli pubblicati a
|
|
cura del Comune di Vienna riporta i dati specifici del complesso; D.
|
|
Brooke, *Karl-Marx-Hof*, in "RIBA Journal" 18, 1931, pp. 671--677;
|
|
Anton Seda, *Ursachen und Entwicklung des kommunalen sozialen
|
|
Wohnungsbaues* cit. Il Karl-Marx-Hof, il cui spazio interno è di
|
|
10.480 m^2, copre un'area complessiva di 156.027 metri quadri di cui
|
|
solo il 18,40% è edificato. In esso trovano posto 1382 abitazioni,
|
|
pari a circa 5000 abitanti, due asili infantili, due lavanderie
|
|
collettive, una clinica odontoiatrica, una biblioteca, una casa per
|
|
la gioventù, un ambulatorio con annessa farmacia, un ufficio postale
|
|
e molti negozi. La tipologia degli alloggi è estremamente variata:
|
|
dalle stanze uniche con cucina (125) sì va ad appatrtamenti con 2
|
|
stanze e cucina (748), con 3, 4 e 5 stanze, secondo proporzioni
|
|
decrescenti. Nello spazio centrale sono collocate le immagini del
|
|
"lavoro emancipato e dell'educazione socialista": la statua del
|
|
Seminatore di Hofner, e le statue della Libertà, della Previdenza,
|
|
del Pensiero illuminato e della Cultura del corpo, di Riedl (queste
|
|
ultime in corrispondenza dei quattro ingressi principali).
|
|
|
|
Nel parlare di motivi lukécsiani, a proposito del Karl-Marx-Hof, ben
|
|
presenti le critiche rivolte da Lukács alla teoria e alla prassi
|
|
austromarxiste. Tuttavia non esiste forse opera architettonica degli
|
|
anni '20 più profondamente partecipe del pensiero estetico di Lukács
|
|
del superblocco di Karl Ehn. In quanto sintesi della grande
|
|
tradizione borghese proiettata nell'universo dei "valori"
|
|
socialisti, esso merita, ancor più del Winarskyhof, la qualifica di
|
|
opera massima del "realismo socialista". -->
|
|
|
|
<!-- Ma una volta affermato tale principio, la distesa modellazione del
|
|
complesso deve dimostrare le proprie capacità di articolazione: anzi,
|
|
tanto più valida sarà quella dimostrazione polemica di autonomia quanto
|
|
più essa sarà variata e composta dialetticamente con ulteriori rimandi
|
|
linguistici. È per questo che lo stesso assetto della teoria degli
|
|
elementi primari accentua l'isolamento del Karl-Marx-Hof dalla
|
|
disgregata città circostante: le abitazioni operaie, come luogo del
|
|
Semantico, del Significato recuperato, si oppongono alla città della
|
|
speculazione, della pura, *asemantica* quantità. Anche in ciò Karl Ehn
|
|
entra in polemica con l'architettura radicale tedesca. -->
|
|
|
|
<!-- Il massiccio insediamento residenziale, nucleo di auto-
|
|
organizzazione operaia, dovrà rifiutare, anche nella propria struttura
|
|
formale, la passiva accettazione di una forma coincidente con
|
|
l'*immagine del lavoro*, con l'immagine della catena di montaggio
|
|
realizzata nell'architettura. In qualche modo il superblocco di Ehn
|
|
assume qui un carattere utopistico. La "città umana" è un'utopia
|
|
regressiva realizzata in un settore della città borghese (negativa per
|
|
definizione): il Karl-Marx-Hof è il monumento dimostrativo di tale tesi,
|
|
tanto più in quanto l'*uomo* in esso prefigurato è il *produttore
|
|
cosciente* comunitario, estraneo e opposto alla "massificazione" indotta
|
|
dalla "tecnocrazia del capitale". -->
|
|
|
|
<!-- Se da tali implicazioni ideologiche si passa a esaminare
|
|
l'organizzazione interna degli alloggi, si nota un profondo disinteresse
|
|
del progettista per la ricerca tipologica. Gli alloggi del
|
|
Karl-Marx-Hof, come quelli della maggior parte dei complessi viennesi
|
|
fra le due guerre, del resto, si basano su una successione di vani del
|
|
tutto empirica e ricca di inconvenienti funzionali: alla notevole
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densità dei servizi collettivi -- Kaganovič criticherà la mancanza di
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impianti di riscaldamento centralizzato nel superblocco di Karl Ehn[^80]
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-- corrisponde una sorprendente carenza di condizioni ottimali nella
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distribuzione e nell'attrezzatura delle cellule residenziali. Le
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distanze prese dalla cultura mitteleuropea, e dalle ricerche in tema di
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Existenz-minimum da essa condotte, pesano quindi notevolmente sui
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progettisti viennesi. Piuttosto che sulla base di una progettazione come
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continua critica tipologica, essi procedono infatti sulla base di
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*modelli*. Lo Hof attrezzato, in tutte le sue varianti, non sembra
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ammettere verifiche attuate tramite standards fissati in relazione a
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ricerche teoriche a priori; il basso coefficiente tecnologico che
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caratterizza la realizzazione del programma socialdemocratico ha una sua
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corrispondenza nelle deficienze tipologiche degli alloggi.
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[^80]: Lazar Kaganovič, *L'Urbanisme sovietique. Rapport présenté à la
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Session plénière du CC du PC(b) de l'URSS*, Paris, giugno 1931, p.
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37. -->
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<!-- La strada intrapresa da Karl Ehn, la più aderente all'ideologia
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dell'operazione austromarxista, è comune alle opere di Schmid e
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Aichinger, due architetti che assumono un ruolo di rilievo nell'ambito
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del piano comunale. -->
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<!-- Nel Reismanhof (1924), nel Rabenhof (1925), nel Matteottihof (1926)
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e nel Somogyhof (1927), empirismo tipologico, pathos etico, esaltazione
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della dimensione urbana dell'intervento, scarnificazione degli
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intervenuti linguistici si uniscono strettamente fra loro. Anche nelle
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opere di Schmid e Aichinger lo Hof si chiude alla città con chiari
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risvolti polemici, evidenziati dalle immagini architettoniche. Tale
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scelta diviene sintomatica nella localizzazione successiva dei vari
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superblocchi nel nodo costituito dall'incrocio fra il Margaretengürtel e
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la Fendgasse: qui si allineano in una scontrosa autonomia formale il
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Reumanhof, il Metzleinstalerhof, lo Herweghof (di Schmid e Aichinger,
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1926), il Matteottihof: quest'ultimo a cavallo della Fendgasse e
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sviluppato in due Höfe indipendenti[^81].
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[^81]: Josef Bittner, *Herweg-Hof, Matteotti-Hof*, Die Gemeinde Wien,
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1927. -->
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<!-- I successivi interventi, pur occupando un'ampia porzione di suolo
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urbano, evitano, con la loro autonomia, di offrire un'immagine unitaria
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di una *possibile* città nuova: qui, più che in tutti gli altri
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interventi del Comune di Vienna, realismo e ideologia si compongono in
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una sintesi paradossale. -->
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<!-- Anche il Karl-Seitz-Hof, iniziato nel 1926 da Gessner, si chiude
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alla città nello stesso momento in cui *finge* di aprirsi ad essa. Il
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vasto emiciclo che lo caratterizza si oppone infatti alla struttura
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accentrata e suddivisa in Höfe minori e indipendenti, che si organizzano
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nel trapezoide planimetrico suddiviso dall'arteria centrale,
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perpendicolare all'asse del semicerchio prospettante la Jedleseer
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Strasse. Il superblocco di Gessner si articola e si definisce in tale
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sua struttura dialettica: lo spazio verde contenuto nell'emiciclo
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esibisce ed esalta, al cospetto dell'area urbana dominata dall'edilizia
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speculativa e frammentata, l'unitarietà del superblocco e le
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caratteristiche dei suoi servizi. Anche qui all'epica populista -- si
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veda il trattamento eclettico della torre, che si staglia come elemento
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differenziato sulla sinistra del semicerchio, con i suoi richiami a un
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linguaggio composito e "popolare" -- si unisce la polemica, il voluto
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distacco dell'autonomia residenziale operaia dal complesso urbano. Ma al
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modello fissato dal Winarskyhof, dai superblocchi di Ehn, di Schmid e
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Aichinger, alla disposizione semiaperta del Karl-Seitz-Hof si
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contrappone un diverso modello teso a diluire, per quanto possibile, la
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dimensione e l'autonomia dello Hof in un paesaggio urbano tutto
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costruito. Esiste quindi una linea alternativa a quella dell'epica
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proletaria del Karl-Marx-Hof o del Matteottihof: il populismo del
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complesso sulla Sandleitengasse e dello Hanusch-Hof trova così nel
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Georg-Washington-Hof, realizzato da Robert Oerley e Karl Krist fra il
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1927 e il 1930, il suo massimo compimento. Il *superblocco articolato*,
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come viene definito dal Koyré[^82], suddiviso in spazi semichiusi
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successivi -- il Birkenhof, il Fliederhof, lo Ahornhof lo Ulmenhof,
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l'Akazienhof, la Eschenallee -- introduce una diversa interpretazione
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della dimensione comunale dell'intervento: le 1085 abitazioni del
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complesso, organizzate sulla base della consueta deficienza distruttiva,
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si dispongono secondo una libera configurazione che ribalta l'interesse
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sulla sistemazione dei vasti spazi verdi, occupanti il 76 % circa del
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suolo a disposizione. In luogo dell'epica proletaria il Washington-Hof
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propone una sorta di anticipazione di quello che sarà il cosiddetto
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neoempirismo scandinavo. La "città dell'uomo" realizzata dal socialismo
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abbandona qui il pathos a favore di un idillico sposalizio fra allusioni
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a linguaggi nazional-popolari (vedi l'adozione di tetti aguzzi e aggetti
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triangolari nelle facciate sulla Kastanien-Allee o le archeggiature
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reiterate di Karl Krist, nel Birkenhof) e natura organizzata.
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L'autonomia del superblocco viene quindi compromessa: fra gli Höfe
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successivi e la città è ora possibile un più stretto colloquio.
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[^82]: H. Koyré, op. cit. -->
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<!-- Con ogni probabilità l'abbandono dell'autonomia dello Hof
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nell'opera di Oerley e Krist va messa in relazione agli attacchi che in
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sede politica vengono sferrati alle "fortezze rosse"[^83]. Malgrado
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l'inconsistenza di tali attacchi -- la stessa politica del partito
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socialdemocratico smentisce l'intento di organizzare gli Höfe come
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possibili centri rivoluzionari -- il Comune di Vienna mostra, proprio
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con il Washington-Hof (non a caso pari, come dimensione di intervento,
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al Karl-Marx-Hof) di preoccuparsi di dimostrare la *socialità* della sua
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"città dell'uomo". Il superblocco diluito è quindi una forma alternativa
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di "realismo socialista": il suo linguaggio popolare è ostentato come
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superamento del pathos proletario degli Höfe di Ehn.
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[^83]: Le critiche dei cristiano-sociali al programma degli Höfe
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socialisti vengono riprese, come si è visto, nel corso del Congresso
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internazionale di edilizia e urbanistica tenuto a Vienna nel 1926.
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Significativamente, nel 1927, l'anno successivo, vengono
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contemporaneamente iniziati il Karl-Marx-Hof e il
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Georg-Washington-Hof, secondo due programmi tra loro alternativi. La
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critica alle "fortezze rosse" viene sferrata dall'opuscolo del
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dottor Schneider, *Der Fall der roten Festung*, Wien 1933, in cui si
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riprendono gli argomenti di Loos e Frank a favore delle case isolate
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o aggregate, con orto. Sulla polemica relativa alla forma degli Höfe
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cfr. Ch. A. Gulick, op. cit. -->
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<!-- È estremamente interessante però notare come in un'opera tarda,
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come il complesso dell'Engelsplatz di Rudolf Perco (1930--33), al
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tentativo di spostare il tema edilizio verso un esibito uso di più
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moderne tecniche di produzione -- nel complesso vien fatto uso di una
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standardizzazione generalizzata delle strutture di tamponamento -- non
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si disgiunga un largo margine concesso all'esaltazione di sovrastrutture
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"qualificanti", relazionate alla scala dimensionale dell'insieme. Si
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veda l'inserimento, all'interno della neutra pannellatura continua che
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lega unitariamente lo Hof, planimetricamente accentrato sui servizi
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comuni e definito in modo rigorosamente geometrico, dei balconi
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ripetuti, delle torri di ingresso, dei pennoni, cui chiaramente
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l'architetto attribuisce un ruolo "eloquente" contrapposto alla
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schematicità della struttura complessiva. -->
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<!-- Con l'Engelsplatz, sostanzialmente, assistiamo a un vero e proprio
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"ritorno alle origini". Assai più che le opere di Schmid e Aichinger, di
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Ehn, di Oerley o di Gessner, l'opera di Perco si riallaccia alle
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tematiche avanzate da Otto Wagner nei complessi residenziali degli anni
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1910--12 (le case sulla Neustiftgasse-Döblergasse, ad esempio). In luogo
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dell'epos del Karl-Marx-Hof una accettazione della logica
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produttivistica celebrata sotto il "segno operaio". Oggetto di
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celebrazione diviene ora la ripetibilità degli elementi standardizzati e
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la sua ostentazione, come elemento che entri nella scala urbana solo
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grazie alle dimensioni dell'intervento. Anche per l'Engelsplatz si potrà
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Parlare di "realismo socialista"; solo che ora ai valori "epici" si
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sostituiscono valori basati sulla "poetica del riserbo". È in tal senso
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che è giustificato parlare di una trasmissione -- nella logica di una
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struttura massificata di intervento -- della poetica tutta borghese di
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un Otto Wagner al dibattito culturale legato alla gestione
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socialdemocratica delle abitazioni operaie a Vienna. -->
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<!-- Con l'Engelsplatz o con un'opera anch'essa tarda e di notevole
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interesse, come lo Speiserhof (di Leopold Bauer, Gloser, Lichtblau e
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Scheffel, 1929), possiamo considerare chiusa l'e sperienza che abbiamo
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seguito nelle sue diverse articolazioni. Fra il '30 e il '34, quando
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l'attività del Comune di Vienna viene del tutto paralizzata a causa
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dell'involuzione politica, il legame fra programma socialista e
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ideologia architettonica vive solo come stanca prosecuzione delle
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ricerche degli anni '20. -->
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<!-- "Vienna rossa" ha del resto realizzato formalmente la propria
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"immagine", E ciò, non ha caso, proprio mentre, fra le incertezze del
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partito socialdemocratico, si verificano da un lato i primi scollamenti
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fra masse e partito (a riprova della scarsa utilità dello sforzo
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puramente ideologico fatto nell'ambito della tradizione austromarxista),
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dall'altro la rinnovata violenza dello Stato contro le stese masse
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sfuggite al controllo socialdemocratico. Può essere quindi il caso di
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ricordare che nel 1927 -- a un anno di distanza dall'inizio della
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costruzione del Karl-Marx-Hof -- a seguito di una sentenza assolutoria
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pronunciata nei confronti di rappresentanti dell'organizzazione di
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estrema destra Frontkämpfer, assassini di alcuni operai, la protesta del
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proletariato democratico esaltato negli Höfe comunali si concluderà con
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il ferimento di mille operai, la morte di 85 di loro e l'incendio del
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palazzo di Giustizia. -->
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<!-- Aver messo l'accento sul carattere di "utopia regressiva" della
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politica socialdemocratica in tema di gestione urbana, sulla sostanziale
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sostituzione di un'etica della "democrazia residenziale" allo sviluppo
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delle lotte operaie da un lato e a quello della struttura urbana
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complessiva dall'altro, aver sottolineato quanto la Realpolitik
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austromarxista oscilli fra controllo dei movimenti di classe e
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incapacità a leggere le direttrici dello sviluppo capitalistico (e le
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sue interne contraddizioni, particolarmente eversive dopo il '27), ci
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risparmierà di considerare l'intervento nazista come causa unica della
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fine di un esperimento urbanistico di avanguardia e di aggiungere
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ulteriori pagine retoriche sulla resistenza operaia contro le camicie
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brune operata dall'interno delle "rocche rosse" viennesi. -->
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<!-- Sul piano sentimentale ci si potrà ancora emozionare per la
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riscoperta tardiva della lotta operaia in una fase ormai disperata, e
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per la battaglia intentata da quella che venne chiamata la "Comune di
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Vienna". -->
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<!-- Ma non v'è frase più esplicita della frattura oggettiva fra la
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politica austromarxista e la realtà della situazione di classe, che
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quella pronunciata da uno degli operai di Anna Seghers: "Non è più tutto
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come prima. Il Karl-Marx-Hof non è rovinato, è vero, lui ce l'ha fatta.
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Ma la nostra fede nel partito ... quella sì, si è sfasciata"[^84].
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[^84]: Anna Seghers, *Der Weg durch den Februar* (1935), trad. it. *La
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via di Febbraio*, Milano 1956. -->
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